venerdì 18 dicembre 2009

Alack Sinner


Topolino si leggeva bene. C'erano su un sacco di citazioni. Era una scuola che ti insegnava tantissime cose. Una ventina di anni fai scoprii Philip Dick, poi mi sono ricordato di una storia, apparsa proprio su Topolino, dove un robot maggiordomo si chiamava Android (e in Italia le pecore elettriche e i blade runner erano di là da venire). E in un'altra c'era uno scienziato pazzo, con il corpo distrutto, che viveva in una sorta di incubatrice mobile, cose che si vedranno nella serie originale di Star Trek (dove peraltro si sprecano le citazioni ad Asimov e al buon vecchio Phil Dick).
Ma il tempo passa, diventa di pietra, come forse di pietra diventano le nostre facce (se non, Dio non voglia, anche le nostre anime).
Se si deve parlare di facce di pietra, e lo si deve fare visto che il tempo passa, allora bisogna parlare di Alack Sinner.
José Munoz e Carlos Sampayo sono due bei nomi. Viene in mente, a sentirli, tutto il Sudamerica, con il suo colore (fatto di gioia, allegria, umanità) ma anche con tutto il suo dolore (fatto di narcos, di consiglieri americani, di torturatori alla Pinochet e alla Videla).
Loro si firmano così: Munoz y Sampayo. Un nome dalla fonetica spagnola quasi rimbalzante, che ti ricorda quando Gianni Minà parla estasiato di Cuba (forse un po' meno di estasi non farebbe male, d'altra parte Cuba, prima di Castro, era un bordello mafioso).
E allora è ovvio che le facce (e non solo) diventino di pietra.
Alack Sinner è un personaggio cupo che vive storie cupe. Alack Sinner è un detective dalla faccia di pietra. Munoz y Sampaio l'hanno disegnato e fatto vivere.

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