giovedì 2 giugno 2011

Intervista ad Arturo Robertazzi

Arturo Robertazzi è l'autore di Zagreb. E' nato a Napoli nel 1977. Ha studiato chimica (è un "chimico computazionale") a Salerno tra il 1996 e il 2002. Nel 2001 ha vissuto il Spagna ad Alcalà de Henares (la città di Cervantes), come studente erasmus. Si è laureato nel 2002. Subito dopo si è trasferito in Gran Bretagna, per un dottorato in chimica, conseguito nel 2006. Tornato in Italia ha lavorato presso la SISSA (un istituto di eccellenza italiano con sede a Trieste) e poi all'università di Cagliari. Infine, si è trasferito a Berlino dove lavora come ricercatore nel gruppo del Prof. E.W. Knapp. Al momento ha una borsa di studio ottenuta dalla Humboldt Stiftung ed è quindi un Humboldt fellow.


Zagreb riguarda fatti avvenuti quando tu eri adolescente. Vuoi spiegarci come mai ne hai tratto spunto per il tuo romanzo? Quale ne è stata la genesi? A quali fonti hai attinto?
Ho cominciato a scrivere Zagreb quando avevo circa vent’anni. Ai tempi dell’università, intorno al ’98. In quel periodo c’era stata la prima guerra del Golfo, la guerra dei dieci giorni in Slovenia, la guerra in Croazia, la guerra in Bosnia, quella in Kosovo, i massacri dell’Uganda… Ti rispondo con una domanda: come potevo non scrivere di guerra?
Oltre alle immagini, i racconti, le statistiche sul numero di morti, quello che mi colpiva era un concetto specifico, un’equazione: “Ieri eravamo amici, oggi siamo nemici”. Ecco, io non capivo come fosse possibile che due persone, un tempo amiche, potessero trovarsi improvvisamente a combattere l’una contro l’altra. Scrivere una storia di guerra mi sembrò l’unica soluzione per venirne a capo. 
All’inizio non pensai a un’ambientazione precisa. Fu quando dovetti scegliere i nomi, che l’ambientazione prese corpo. Igor, Emir, Dražen… E con i nomi anche i luoghi cominciarono a delinearsi. Ero convinto che fosse opportuno creare un legame con la realtà, perché fosse chiaro che dietro il romanzo c’era la Storia vera, persone vere, che quella, cioè, era una guerra vera. È così che il romanzo è diventato Zagreb. Eppure i riferimenti alle guerre nella ex-Jugoslavia sono limitati. Quello che emerge  è che “noi e loro” si combattono, in un quando imprecisato, in un dove quasi sconosciuto. Questo con lo scopo di evocare. Ricordare. Soprattutto in un paese come l’Italia che tende così facilmente a dimenticare…
Le fonti che ho utilizzato sono tante: articoli di giornale, filmati, saggi, testimonianze dirette… sul mio blog ho inaugurato una sezione “Zagreb – La Storia Dietro” in cui racconto, a modo mio, le fonti che più mi hanno aiutato nella stesura di questo romanzo.

Ogni scrittore, nel bene e/o nel male, ha degli autori che lo hanno influenzato o ai quali si sente vicino. Quali sono i tuoi, se ci sono?
C’è un autore che non mi tradisce mai, un maestro. Qualche settimana fa ne ho avuto la conferma. A Napoli, nella libreria dell’aeroporto, entro e scorro gli occhi sui romanzi esposti. Soliti titoli, soliti incipit. Poi, in basso vedo lo scaffale pieno di romanzi di questo scrittore…Ne apro uno a caso, leggo l’incipit: “I was looking for a quiet place to die. Someone recommended Brooklyn”. Come potevo non comprarlo! Il romanzo è Follie di Brooklyn, l’autore, è, chiaramente, Paul Auster.

Quanto conta oggi la presenza sul web per uno scrittore? È un elemento fondamentale o se ne può fare a meno?
Non se ne può fare a meno. Io credo che bisogna “darsi” anche sul web. Credo sia fondamentale. Come sai, sono fan di twitter da un paio d’anni ma ho compreso appieno la potenza di questo mezzo di comunicazione solo al Salone del Libro 2011. In quei giorni, i miei “followers” sono diventati “persone vere” e si sono materializzate allo stand di Aìsara, la mia casa editrice. Si avvicinavano e chiedevano di Zagreb, e chiedevano di me. È stato incredibile incontrarli davvero…
Con alcuni di loro abbiamo deciso di scrivere un “tweet-manifesto” (basato su un’analisi semiquantitativa dell’attività dell’hashtag “#SaloneLibro”) per rivendicare l’importanza di blogger e twitter-users nel successo del Salone del Libro 2011.
Alcuni di noi sono stati contattati dall’organizzazione per collaborare all’edizione 2012. Staremo a vedere…

Il dibattito in Rete sull’editoria digitale e sull’ebook è quanto mai vivace. Pensi che l’ebook possa essere un’opportunità per chi scrive? Credi che l’ebook possa mutare, in qualche modo, la capacità narrativa di uno scrittore o l’approccio dei lettori al testo?
Io sull’ebook ho un’idea molto chiara. La tecnologia va avanti, le potenzialità crescono, l’informazione esplode. Non può essere un male. Bisogna adeguarsi, sfruttare le nuove opportunità. Chi lo capisce, chi riesce a farlo, ha il futuro in mano. Aìsara non ha avuto dubbi nel pubblicare Zagreb (insieme ad altri titoli) anche in formato ebook. È il futuro, e non esclude, il futuro, il profumo vintage dei romanzi su carta.

Qual è stato il percorso che ti ha portato a scegliere il tuo editore?
Ho vissuto a Cagliari per quasi 2 anni, lavoravo all’università. E a Cagliari ho frequentato un laboratorio di scrittura dove ho avuto la possibilità di conoscere, tra gli altri, Nicola Lecca, Marcello Fois, Alberto Capitta. Ormai Zagreb era in uno stadio di lavorazione avanzato, qualcuno l’ha letto e l’ha proposto alla redazione di Aìsara. Dopo aver consultato il mio agente (mi disse “quelli di Aìsara sono giovani ma intraprendenti”) mi sono lanciato… e oggi sono contento della mia scelta.

Che consigli ti senti di dare a coloro i quali hanno il fatidico libro nel cassetto?
Consigli?… No, niente consigli. Però, io credo che aprire il cassetto sia l’unica possibilità. Non sei d’accordo?

Un’ultima domanda: secondo te ci sono troppi scrittori?
Gli scrittori non sono mai troppi. Sono i lettori che sono pochi.

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