venerdì 30 dicembre 2011

Barafonda, di Michele Marziani (Barbès)

Come la lettera rubata di Poe era così difficile da trovare perché era sotto gli occhi di tutti, così le sensazioni, i sentimenti, le emozioni e le percezioni apparentemente più visibili sono così difficili da esprimere proprio perché solo la presenza di un lavoro letterario serio e articolato le può far emergere. 
Barafonda non è soltanto una storia, un romanzo. Barafonda è uno spaccato della nostra vita. E non solo della vita dei singoli, ma della vita di una nazione, di un paese. Michele Marziani non lancia messaggi, non compie analisi militanti e/o sociologiche, non utilizza la parola per svelare alcunché. Marziani sa bene che il compito del narratore è proprio quello del raccontare e raccontando, seminando, seguendo i suoi personaggi e ascoltandoli, più ancora che facendoli parlare, ci dona un romanzo che è quasi come una confessione, una confessione di tutto ciò che noi stessi mai confesseremmo nemmeno alle nostre coscienze: la provvisorietà delle nostre vite, il confronto tra il nostro privato, che vogliamo chiuso e inchiavardato, e il divenire di ciò che ci sta attorno e che ci chiama a un confronto serrato su quei temi che non vorremmo mai prendere in considerazione.
Tra quel tratto di mare e quel fiume, tra quella spiaggia deserta e quell’insieme di case fatiscenti (che si amalgamano nei miei ricordi cinematografici e letterari con altri desolati paesaggi di una riviera romagnola straniata e inquietante, come in Abissinia, di Francesco Martinotti o in Snack Bar Budapest, di Marco Lodoli e Silvia Bre) si mette in scena la storia di un mondo che è la rappresentazione “del” mondo. Un apparente microcosmo che, come un teatro della memoria rinascimentale, ha il compito di farci ricordare.
E quel microcosmo/macrocosmo è reso da Marziani con una scrittura lineare ma ricca, sontuosa nella sua semplicità, dove i piani narrativi e temporali si fondono e confondono con le voci, con le storie; storie che si trasfigurano in voci e voci che sono quelle di persone e non solo di personaggi.
Le vite inventate, come l’impostura dolorosa, e pagata a caro prezzo, in cui vive l’io narrante, sono, a volte, più vere di quelle fintamente autentiche.
E alla fine, poste di fronte alla morte, hanno la forza di traghettarsi verso la pace.
Un libro.
Barafonda, di Michele Marziani (Barbès).

1 commento:

Luigi87 ha detto...

Interessante. Buon Anno