domenica 30 dicembre 2012

Visioni e paesaggi narrativi

Ho il piacere di dirigere una collana di Errant Editions, la Social Media Landscapes. Una collana di testi brevi, incisivi, dallo sguardo obliquo sul mondo della rete, rete intesa non solo come insieme di elementi eterogenei, ma anche e soprattutto come strumento di narrazione condivisa. Una collana che sta avendo molto successo forse proprio per la sua natura non impositiva, ma aperta e colloquiale. 
Ho scritto un breve testo, una testimonianza, una sorta di introduzione al lavoro di questa collana. E' un testo che è stato pensato come luogo narrativo che si aggiunge al work in progress dei Social Media Landscapes.
Un'introduzione che sceglie come mezzo il blog, andando a raggiungere così i contenuti degli ebook già pubblicati e quelli che varranno in seguito. Una scelta programmatica che vuole dimostrare come sul web ogni narrazione attraversi le altre e da queste sia, a sua volta, attraversata.
Il testo lo potete trovare qui.

giovedì 27 dicembre 2012

R.I.P. Gerry Anderson

I capelli albini del Comandante Striker, le giacche quasi maoiste dei colonnelli Paul Foster e Alec Freeman, le minigonne argentee e gli occhi bistrati del tenente Nina Barry, sogno erotico di una serie infinita di adolescenti appassionati di SciFi, gli invasori alieni dalla claustrofobica tuta piena di un soffocante liquido nero, i pantaloni a zampa d'elefante del comandante John Koenig (un bravissimo Martin Landau), la tecnica della supermarionation che rende Thunderbirds ancora affascinante in tempi di playstation e di Wii.
Un elenco postmoderno che trasfigurava se stesso persino nelle copertine dei quaderni Pigna, che avevano pubblicato una intera serie con le immagini delle creazioni televisive di Gerry e Sylvia Anderson.
UFO, Spazio 1999 e Thundrbirds. Luoghi di un immaginario che si perpetua all'infinito.
Approdi necessariamente librari si concretizzano in Italia nel 2000, quando Fanucci pubblica Guida a UFO e Spazio 1999, di Chris Drake.
Non resta che citare il comandante Jean-Luc Picard: Sky's The Limit!

lunedì 24 dicembre 2012

Iosif Brodskij, Romanza di Natale

Veleggia nella malinconia indicibile
tra opprimenti distese di mattoni
la navicella notturna, inestinguibile,
salpata dai Giardini di Alessandro,
lampione solitario in mezzo al buio,
rosa gialla sospesa sopra il capo
dei diletti che passano ai suoi piedi.

Veleggia nella malinconia indicibile
il coro ronzante di ubriachi e insonni.
Nella Mosca notturna uno straniero
ha scattato una foto tristemente,
e intanto svolta sull'Ordynka
un taxi con passeggeri sofferenti,
mentre abbracciati alle palazzine
stanno gli spettri.

Veleggia nella malinconia indicibile
un poeta che triste vaga per la città,
e triste accanto a una drogheria
sta il portinaio dalla faccia tonda,
si affretta lungo la desolata via
un amante attempato e fascinoso.
A mezzanotte il treno, fresco sposo,
veleggia nella malinconia indicibile.

Veleggia nel buio di Zamoskvorèč'e
colui che ignaro nuota verso la sventura,
echeggia sulla triste scala gialla
una voce dall'accento ebreo,
e alla vigilia dell'ultimo dell'anno,
dall'amore verso la mestizia,
veleggia una bellezza celebrata
che non sa dire la sua malinconia.

Veleggia la fredda sera nei tuoi occhi,
tremolano fiocchi di neve sul vagone,
un vento livido, gelato, aderisce
alle mani dal palmo arrossato,
si spande il miele delle luci serali,
l'aria profuma dolce di chalvà,
è la vigilia della Natività che porta
alto sul capo il dolce della notte.

Su un'ombra blu cobalto, in mezzo al mare
di mattoni e tetti, il tuo Anno nuovo
veleggia nella malinconia indicibile,
quasi la vita stesse per ricominciare
con la promessa di successo e gloria
giorni felici e pane a sazietà,
quasi la vita da sinistra a destra ora
potesse invertire il suo oscillare.

Da Poesie di Natale, di Iosif Brodskij (Adelphi)

giovedì 20 dicembre 2012

Nostalgia dell'ombra, di Eduardo Antonio Parra (La Linea)

Territori di sangue, luoghi di morte, scenografie metropolitane che si (con)fondono nel giallo di un deserto che riporta nomi bolaniani come Sonora, Mexico City, Monterrey, Sinaloa. Buchi neri che fanno da sfondo a quella irrimediabile, definitiva e rassegnata narrazione di violenza che permea queste zone di confine, di mutazione, di contaminazione tra l’America gringa e quell’irraggiungibile spazio centromericano che le fa da contraltare condiviso nel racconto di un orrore insondabile.
Nostalgia dell’ombra è l’affabulazione infinita che unisce le vicende tragiche di un’anima alla tragicità senza speranza di un luogo che quest’anima (come tutte le anime che lo abitano) divora e distrugge. Piani narrativi e temporali che si inseguono, fino alla rivelazione totalizzante di una storia in cui nessuno può salvarsi perché nessuno deve salvarsi. Come le pietre portano in sé le ferite del tempo, così le anime presentano ferite irrimarginabili che da quelle pietre nascono e ne sono terribile chiarimento. Non esiste nessuna possibilità di fuga dai destini incrociati che la rivelazione di una violenza immutabile trasfigura in ombre di perdita totale.
Eduardo Antonio Parra ci presenta l’educazione omicida di un killer professionista, figura che situa se stessa a metà strada tra il carnefice e la vittima. Personaggio che svela lentamente la propria vita attraverso le sofferenze feroci che ne hanno segnato (e costruito, passo dopo passo) l’esperienza.
Un’esperienza che è comune a tutte le dolenti vite che ne fanno da sfondo. Lentamente, per il mezzo delle parole di una narrazione pastosa, ci appare il soffocante e fobico palcoscenico sul quale non rimarrà altra protagonista se non la morte.
Ancora una volta l’America si scinde in ambivalente territorio narrativo. Da una parte, a nord, le scintillanti stelle dell’immaginario collettivo. Dall’altra, nell’immediato sud, le inquietanti ombre della fine.
Un libro.
Nostalgia dell'ombra, di Eduardo Antonio Parra (La Linea).

domenica 16 dicembre 2012

John McAfee e il postmoderno

Sono avvezzo da tempo (forse troppo tempo, sin da quando nel lontano 1989 cercavo all'allora seconda edizione della Fiera del libro di Torino notizie, non ancora supportate dall'inesistente web, su una inquietante casa editrice statunitense che riproduceva libri e immagini deliranti, la Amok Press, nascosta allora dietro un PO box clandestino) alla ricerca di quella insondabile definizione di postmoderno che forse solo DeLillo, DFW e Bolańo avrebbero in seguito infuso nelle loro narrazioni.
Ora dal mare infinito di internet, per dirla alla Saramago, emergono tracce sulla fuga del fondatore dell'antivirus McAfee, accusato di omicidio, nelle lande desolate e portatrici di inquietudini senza tempo, di quel centro e sudamerica, paradigma e backyard definitivo dell'America gringa, dell'America luogo di narrazione allucinata.
Alcuni anni fa un'altra narrazione delirante era apparsa tra le pieghe di quell'arcobaleno pynchoniano senza fine. L'erede della DuPont (industria chimica secolare del New England) era stato ucciso da una squadra speciale del FBI, dopo essersi barricato nella sua dimora in compagnia di decine di culturisti armati che facevano parte di un suo personalissimo culto sadomasoguerrillero.
La narrazione postmoderna non ha mai fine.
Altri miei deliri narrativi sul postmoderno li trovi qui.
L'ossessione per le parole
Borges aveva un Tumblr

sabato 15 dicembre 2012

Presentazioni di libri e notti di neve in pianura

Presentazioni di libri come immagini clandestine che appaiono nella notte improvvisa. Una piccola biblioteca di paese, immersa nella pianura innevata che si trasfigura in fiaba e racconto. Suoni di passi attutiti come attutito è il suono delle campane di una chiesa parrocchiale immersa nel niente. Presento Padania blues in una serata bianca di neve e grigia di nebbia attesa, nella sala consiliare del comune di un piccolo paese della bassa. Aspettative narranti di chi scrive che si incrociano con il quieto attendere di chi crede nei libri. Da una piccola folla attenta si citano Gianni Celati e i narratori delle pianure. La mia sorpresa si coniuga all'attesa di chi ascolta. C'è ancora voglia di leggere, c'è ancora passione per la lettura e per la letteratura. Forse non tutto è perduto.

mercoledì 12 dicembre 2012

La narrazione del web. Social Media Landscapes. L'edizione speciale degli ebook di Angelo Ricci

Narrare il web come ecosistema. Scrivere il web come un romanzo, come un racconto. E' lo scopo della collana Social Media Landscapes di Errant Editions. In attesa delle prossime interessanti uscite, ecco in edizione unica e speciale, i miei due ebook Pinterest è un sogno?, che ha avuto grandissimo successo, e il nuovissimo Viva Tumblr!

Dal sito di Errant Editions:
Pinterest è un sogno? È un simbolo? Un’icona del nostro immaginario o è semplicemente un social network? Come è possibile coniugare Pinterest con il mondo dei libri, degli scrittori, dell’editoria? Il primo breve testo, seguito dal nuovissimo “Viva Tumblr!” sono la “Special Edition” dei Social Media Landscapes. Angelo Ricci è blogger, critico, autore di un ebook di grande successo come “Borges aveva un tumblr”, scrittore, esploratore digitale. Coordina i”Social Media Landscapes”. Testi brevi capaci di mettere a fuoco un dettaglio, un lembo, una prospettiva realtiva a tutto quello che riguarda social network, social media, e il web nel suo complesso. Assaggi gustosi, appaganti, interessanti sulla nostra “vita digitale”. eBook illustrato
La “special edition” al momento si può scaricare  qui

lunedì 10 dicembre 2012

Viva Tumblr! (Errant Editions)

Prosegue il progetto della collana Social Media Landscapes, di Errant Editions. Dopo Pinterest è un sogno? ho pubblicato un ebook che si occupa questa volta della piattaforma Tumblr. Viva Tumblr! non vuole essere soltanto una guida dedicata a chi vuole aprire un Tumblr, con una particolare attenzione al mondo letterario e ed editoriale, ma vuole essere soprattutto un modo nuovo di narrare e di raccontare questa piattaforma di blogging. Perché non bisogna mai dimenticare che il web è soprattutto narrazione.

Dal sito di Errant Editions:
...la sensazione era quella di un desk lavorativo, di un work in progress i cui contenuti avrebbero trovato altrove la loro successiva e piena applicazione. Tumblr oggi è diventato molto più di un blocco di appunti…
Dopo il grande successo di “Pinterest è un sogno?”, successo che continua, ecco Tumblr. Troverete segreti e stupori, qui dentro. Lo leggerete in un lampo, e potrete solo decidere di aprire un Tumblr, andare, esplorare e provare.
Fa chiarezza Ricci, in una breve scrittura serrata e affascinante, e,  naturalmente si occupa prevalentemente di Tumblr e del suo utilizzo da parte di scrittori, case editrici, magazini, eMag. Ma vediamo più nel dettaglio
Cos’è Tumblr? A cosa ci serve? Ecco una preziosa bussola per capirlo scritta da un analista, blogger, critico letterario, scrittore di libri e di “oggetti digitali” capaci di cogliere, prevenire e interpretare il flusso, il crocevia, la direzione e i “contromano” degli spazi web e di tutti i paesaggi digitali. Da Angelo Ricci, autore di “Pinterest è un sogno?” eBook di grande successo, uscito alcuni mesi fa, coordinatore del progetto “Social Media Landscapes” di Errant Editions ed esploratore digitale, un testo su uno spazio tutto da identificare (e da vivere) che lui conosce molto bene.
Il testo per il momento è scaricabile qui, a 0,99. Prossimamente disponibile negli altri store on line.
Se volete seguire Angelo Ricci, il SUO Tumblr è questo
Anche questo ebook ha una sua board dedicata su Pinterest. La potete trovare qui.

giovedì 6 dicembre 2012

L'intervento dell'agenzia letteraria Carta & Calamaio al Gaudeamus International Bookfair 2012

Chi ci segue abitualmente sa che dal 21 al 25 novembre Carta & Calamaio è stata a Bucarest dove ha partecipato a Guadeamus International Book Fair, importante appuntamento culturale dell’Est Europa.

In particolare abbiamo preso parte - assieme ai nostri colleghi di numerose agenzie letterarie europee - alla tavola rotonda dal titolo “The Role of Literary Agents on the International Book Market in the Digital Era”.

Ecco il nostro contributo che sarà seguito, nelle prossime settimane, da quello degli altri colleghi partecipanti.

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L’editoria tradizionale, come è emerso anche dalla recente Fiera di Francoforte, è in crisi in tutta Europa. Non si sottrae a questa tendenza negativa l’Italia dove il mercato segna per i primi nove mesi del 2012 un –8,7% (dati Nielsen, canali trade). Ma assieme al mercato diminuiscono anche i lettori: sono oggi 25,9 milioni gli italiani che leggono almeno un libro all’anno, 723mila meno del 2010. Cresce e si diversifica invece l’offerta editoriale: aumentano i titoli e le copie immesse sul mercato, diminuiscono i prezzi medi e si consolida il segmento dell’e-book. E per i lettori che resistono cambiano le abitudini: il libro si acquista sempre più spesso nelle librerie di catena (41,3% ) e online (14,2%), anche perché stanno chiudendo molte librerie indipendenti. Crescono le vendite di ebook e tutto il digitale.

È evidente, che in una tale situazione, occorre rivedere tutti gli approcci metodologici che fino ad ora hanno guidato le azioni di editori, autori ed agenti, aprirsi ed adeguarsi alle nuove tecnologie e puntare su strade alternative. In particolare, a nostro avviso, cambia il ruolo dell’agente che non è più solo colui che valuta se un manoscritto è buono o meno, quale è l’editore più adatto a cui proporlo, ecc. A fronte di editori tradizionali sempre più influenzati dal mercato, meno coraggiosi anche a causa dei rischi d’impresa, si fanno strada piccoli editori indipendenti che soprattutto grazie alla maggiore libertà di rischio offerta dal digitale propongono autori interessanti ed alternativi di nicchia. E allo stesso tempo, vista la lentezza del sistema editoriale per cui tra la consegna di un manoscritto da valutare ad un editore e la pubblicazione effettiva del libro possono passare anni, c’è chi non vuole attendere, che preferisce tentare la strada del self-publishing convinto che il suo lavoro sia buono e che se immesso sul mercato troverà ugualmente lettori che lo apprezzano nonché magari editori tradizionali che si accorgano di lui. Se un libro è buono resta tale sia che venga pubblicato in cartaceo che in ebook, sia che sia un progetto seguito da un editore quanto il risultato del self publishing. L’importante è che il progetto sia fatto seriamente e che il risultato sia di buon livello. Perché se per l’editore l’obiettivo ultimo è quello di vendere il libro, per l’agente deve essere quello di farlo leggere. Se l’agente è sicuro della qualità del lavoro sa che nel momento in cui i lettori avranno modo di conoscere e apprezzare l’autore, il libro farà strada da sé, col passaparola, che è tuttora la tecnica di marketing più efficace. L’agente deve sapere quindi capire per ogni autore quale sia il percorso più adatto, se investire sull’editoria digitale, su quella tradizionale o entrambe, se tentare il self publishing, fornire all’autore gli strumenti per poter scegliere e avere le competenze per accompagnarlo nel percorso che preferisce.

Noi non crediamo che ci sia un editoria di serie a e una di serie b. Crediamo nella possibilità di fare conoscere ai lettori un buon libro e per farlo usiamo tutti gli strumenti che la realtà attuale ci offre. In tutto questo, non deve mancare il rispetto per l’autore e per le sue scelte, la capacità di non snaturarne le principali caratteristiche creative, e un aggiornamento costante per capire come si muovono il mercato e le tecnologie. Tra i clienti della nostra agenzia abbiamo autori che pubblicano in modo tradizionale accanto ad altri che hanno scelto di uscire solo in ebook o di auto-prodursi col self publishing: a ciascuno forniamo gli strumenti adatti a realizzare il proprio progetto tutelandoli nell’aspetto contrattuale, selezionando gli editori più adatti – tradizionali e digitali – individuando i professionisti più capaci a realizzare un buon progetto di self publishing (illustratori, traduttori, editors, informatici esperti), e accompagnandoli anche dopo la pubblicazione in un’efficace promozione grazie ad un capillare lavoro di comunicazione, ufficio stampa, pubbliche relazioni. Il tutto comunque in un’ottica di grande rispetto per l’autore e il suo lavoro.
Il post originale è qui.

sabato 1 dicembre 2012

Padania blues: la recensione di Cristina Orlandi

Cristina Orlandi recensisce Padania blues sul suo blog.
Una raccolta di racconti di vari generi, dallo storico al fantasy, tutti ambientati nella Pianura Padana. Brevi ed efficaci, dai quali traspira ogni volta la tristezza, o la paura, o la suspense.Ambientati nell’immaginario, oppure in diversi momenti storici, ma nello stesso contesto geografico, in ogni racconto si respirano la nebbia o l’afa, immutabili, a dare l’impressione di un’apparente immobilità.Un’immobilità che pare inghiottirci, nella corsa disperata attraverso una scala, o attraverso il tempo, alla ricerca di una via d’uscita. Ma non è possibile uscire dalla propria condizione, perché chi si trova nella Pianura è lui stesso la Pianura, e il freddo invernale o la soffocante calura estiva racchiudono nei loro contorni la vita, che anno dopo anno si ripropone sempre uguale, portando con sé le vittorie e le sconfitte di ogni essere umano. Da leggere come se si ascoltasse, perché la narrazione è simile al testo di una canzone, a volte scandita da ritornelli, in cui si percepisce un ritmo dalle note basse, struggenti.Una serie di storie tutte sullo stesso sfondo, di argomenti diversi tra loro: monelli che si nascondono in campagna durante una retata dei soldati nemici, un’inquietante storia di vampiri, un surreale set cinematografico e così via, fino a compilare un album con note che trasmettono emozioni immutabili, eppure sempre diverse. Si può fuggire dalla Pianura, ma viene sempre voglia di tornarci.
Il testo originale è qui

giovedì 29 novembre 2012

Nessuno è indispensabile, di Peppe Fiore (Einaudi)

Tre sono le cose che si affacciano alla mia memoria dopo la lettura di Nessuno è indispensabile. La prima è un aneddoto, la seconda è il tempo, la terza è il linguaggio.
L’aneddoto. Paolo villaggio racconta che nel 1975 Evtushenko, in risposta alla domanda su quali fossero gli scrittori italiani che più venivano letti in Unione Sovietica, disse che proprio Villaggio, creatore di Fantozzi, era molto seguito e considerato come una sorta di successore di Gogol e che Fantozzi rappresentava la figura ideale del lavoratore inghiottito da un sistema capitalistico in bilico tra sfruttamento parossistico e angosciante nonsense.
Il tempo. Decenni sono trascorsi dalle atmosfere del romanzo industriale, decenni che sembrano secoli. Paolo Volponi rimane nei cataloghi come rappresentante di una narrazione che si incardinava in un tempo che non è più. Ottiero Ottieri prendeva spunto dalla sua vita lavorativa aziendale e partoriva Donnarumma all’assalto. Gli esperimenti editorial-comunitari di Adriano Olivetti sembrano retaggi più che di un passato, di una preistoria.
La struttura fabbrica-sindacato-lavoratori-lotta appare oggi semmai come una divagazione assiomatica che forse ha avuto una sua dimostrazione, dimostrazione travolta dalle mutazioni profonde di una collettività che a quei tempi si poteva ancora definire società.
I personaggi (impiegati, donne e uomini, ridotti quasi ad eteree ombre dal peso schiacciante di una vita di plastica) che si muovono immersi nella scenografia postmoderna di questa Roma periferica che fa da sfondo al romanzo di Peppe Fiore e che ricorda certi angoscianti biancori architettonici de La decima vittima di Elio Petri, non appaiono nemmeno più come simulacri di un mondo in declino, bensì come proiezioni di una cultura dominante che raccatta parole d’ordine televisive, sfiancamenti internettiani e affabulazioni da workshop aziendale (che non è nemmeno più soltanto fine a se stesso) e che crea una sorta di feedback negativo tra vite sbrecciate e lavoro senza senso.
Il linguaggio. È il linguaggio uno dei punti di forza di Nessuno è indispensabile. Una parlata, una sorta di gergo dalle sfumature infinitesimali e per nulla dialettale, ma consono a quell’espressività che mescola vita e azienda e che per imperscrutabili motivi rifugge dal vernacolo per approdare a costruzioni semantiche e sintattiche da verbale di polizia o da circolare esplicativa ministeriale (quel termine: “docciato”… così angosciosamente asettico nella sua terribile condivisione). Ed è questa parlata che trasmette al lettore quel costante senso di straniamento che, alla fine, avrà come unico sbocco il delirio più ancora della morte.
Fantozzi, Filini, la Signorina Silvani esistono ancora. Ma sono diventati cattivi, pericolosi e vagano ormai senza speranza tra le rovine del mondo, come i morti viventi di un film di George Romero.
Un libro.
Nessuno è indispensabile, di Peppe Fiore (Einaudi).

venerdì 23 novembre 2012

Padania blues: la recensione di Claudio Morandini

Claudio Morandini, uno dei più bravi autori italiani di questa nostra contemporaneità letteraria, scrive sul suo blog a proposito di Padania blues
Finalmente un altro libro di Angelo Ricci, viene da dire sfogliando il bel volume di racconti “Padania Blues”, uscito per le Eumeswil Edizioni – un altro libro di carta, intendo, da tenere tra le mani e sfogliare, perché in realtà Angelo non ha smesso di scrivere, affidando  le sue riflessioni al blog http://nottedinebbiainpianura.blogspot.it, uno dei migliori blog letterari, e travasando in e-book (“L’ossessione per le parole”, “Borges aveva un Tumblr”, per citarne solo un paio, tutti pubblicati da Errant Editions) altre riflessioni e analisi, spesso amare e disincantate, sulla letteratura, la scrittura, l’editoria, l’umanità. Il precedente libro di Ricci, “Notte di nebbia in pianura” (Manni), incastrava storie dolenti di uomini e donne nella struttura di un romanzo corale e avvolgeva il tutto nella nebbia fitta e opprimente (ma anche familiare, amica) della Pianura Padana. In “Padania blues” i temi, i toni, i registri sono simili a quelli di quel romanzo, ma qui, forse per influsso della scrittura aforistica del blog, Ricci lascia che le storie (brevi, alcune brevissime) restino isolate, che si presentino come frammenti di vite perse in un mondo troppo grande e insensibile, o come brandelli di memoria che solo l’effetto del ricordo può addolcire. Ricci gioca con i registri e i generi,  lasciando cadere quasi a ogni pagina lo sguardo impietoso sulla degradante deriva dei nostri tempi; quando il peso del presente si fa eccessivo, ecco che se ne ritrae costruendo apologhi bizzarri, dialoghi divaganti, finali a sorpresa  trovando insomma asilo nel mondo parallelo della letteratura. Dietro a ogni racconto c’è la passione profonda per la scrittura e il cinema, per la Lomellina, in generale per il mondo della provincia, per le inquietudini e le bizzarrie e le fatiche e i dolori della vita della provincia italiana – una passione che l’imbarbarimento umiliante del presente sembra mettere a dura prova, ma non intacca, anzi carica di urgenza e di necessità.
Il testo originale è qui

giovedì 22 novembre 2012

Vado a vedere se di là è meglio, di Francesco M. Cataluccio (Sellerio)

Un viaggio, un percorso, un itinerario. Francesco M. Cataluccio ci accompagna per mano attraverso quelle passioni che accomunano tutti gli amanti della letteratura. Ma non è un viaggiare tranquillo. Perché la letteratura, la parola scritta, le narrazioni, nascono sempre dalla vita e, in misura ancor maggiore, dalla sofferenza e dalla tragedia.
Una sapiente e affascinante commistione di autobiografia, di letture, di incontri, di testimonianze. Uno spaccato di quelli che sono stati i momenti più drammatici e significativi del XX secolo sfila davanti ai nostri occhi. E ci accompagna per mezzo delle parole, delle storie, dei saggi, delle sceneggiature, delle poesie e dei romanzi che sono stati composti in quel secolo venato da due guerre mondiali e dall'orrore dell'Olocausto.
Una visione forse parziale, dedicata soprattutto alla cultura slava e mitteleuropea, ma non per questo meno significativa. Anzi, proprio per questo, pregna di tutte le contaminazioni, le singolarità, le eccellenze, le contraddizioni, che fanno, di questa parte del Vecchio Continente, la culla della espressività letteraria ed artistica più vicina all'anima degli uomini.
C'è una leggerezza nascosta, quasi pudica, nella scrittura di Cataluccio. Ed è la leggerezza di colui che ben conosce il dramma che si nasconde nella parola, che si nasconde nella poesia. E' la leggerezza tranquilla di chi sa che le storie ci sopravviveranno e che, prima o poi, riusciranno a raccontare tutta la nostra sofferenza. Anche la più nascosta.
Un libro.
Vado a vedere se di là è meglio, di Francesco M. Cataluccio (Sellerio).

lunedì 19 novembre 2012

Padania blues all'Osteria Letteraria Sottovento

Padania blues, la mia raccolta di racconti edita da Eumeswil, approda alle rive nebbiose del Ticino. Mercoledì 21 novembre, alle ore 19, sarò infatti a Pavia, all'Osteria Letteraria Sottovento (via Siro Comi 8), luogo definitivo di incontri culturali, incastonato tra le vie del centro storico della capitale longobarda.
Con me ci saranno Andrea Borghi e Paolo Pedrazzi. Per chi è facebook-addicted l'evento è qui.
Altre notizie su Padania blues qui e qui.

giovedì 15 novembre 2012

1Q84 Libro 3, di Murakami Haruki (Einaudi)

E c’è questo percorso nel e del tempo che va, forse, a ritroso o comunque segue strade inquietanti e angosciose, percorso nel e del tempo che nasce da un’affabulazione che fa dell’ipertrofia narrativa il suo marchio affascinante. Ed è un ipertrofia narrativa che deriva il suo incanto da quel sottile filo che unisce Joyce alla reazione stilistica dei postmoderni come Heller, Pynchon, Barthelme, sino ad arrivare agli affreschi narranti di DeLillo e di David Foster Wallace. E c’è questa carnalità viva e palpitante che nasce dalle deiezioni riproduttive fino a raggiungere l’ultimo respiro della morte. E c’è questo raccontare onirico che crea mondi paralleli fatti di vita e di morte, di gioia e di sofferenza estrema, in una immersione totalizzante di storie parallele e di personaggi che sembrano provenire da un eterno Bolaño compenetrato nelle atmosfere universali e giallastre di un Centro e Sudamerica da incubo senza possibilità di risveglio, e che giungono invece a compimento ultimo in questa saga dell'oriente industrializzato e tuttavia così paradigmatica di un occidente dove Omero e Shakespeare sembrano cantare una storia che, dalle insondabili e comunque definitive, alla Borges in ogni caso, origini del raccontare e del raccontarsi dell’umanità, arrivano all’approdo di intrecci nipponici riverberati dalle immaginifiche e sensuali visioni di Akira e di Æon Flux.
Mondi paralleli e nemici, realtà non tanto virtuali quanto pericolosamente vicine a un romanzo universo che penetra nella mente del lettore sino alla definitiva creazione di un piano in cui colui che scrive e colui (o colei) che legge diventano la stessa azione prima ancora che persona.
1Q84 Libro 1 e 2 che fa da prodromo a questo 1Q84 Libro 3, in cui si tirano le somme di una gigantesca narrazione che prende le mosse da una quotidianità infusa di metanarrazioni, di confronti e descrizioni che amalgamano libri che parlano di libri e che diventano protagonisti di una realtà sommersa di sette segrete e di derive politico religiose che, alla fine, paiono non una finzione, bensì l’unica e necessaria descrizione di una realtà che onirica non è poi tanto. Ma le somme che vengono tirate portano non alla definitiva conclusione, bensì lasciano trasparire piccoli strappi alla realtà apparentemente pacificata, strappi attraverso i quali non è detto che altri incubi non possano fuggire per condensarsi in una realtà che è ancora altra e oppositiva. Murakami è il cantore di una contemporaneità perversa nella sua apparente tranquillità e tranquilla nella sua accettazione del perverso. Il perturbante di Freud diviene così il solo mezzo di comprensione e di lettura di un presente inquietante. E Murakami ci manda un messaggio, scrivendolo sui muri di una Tokio evanescente e angosciante nella sua immobilità. E’ il suo personalissimo e ubikiano “io sono vivo, voi siete morti”. La domanda è: a quale livello di realtà ci siamo svegliati? La risposta è: meglio non guardare la luna. Mai.
Un libro.
1Q84 Libro terzo, di Murakami Haruki (Einaudi).

lunedì 12 novembre 2012

Pinterest: il sogno dello scrittore

Si parla ancora di Pinterest è un sogno? In vista della imminente edizione di Librinnovando il blog Scrittore Computazionale analizza alcuni aspetti dell'editoria digitale e del rapporto fra scrittori, editori e social media. Dopo Noemi Cuffia e il bot di @Einaudieditore è la volta di un mio guest post che potete leggere qui.

giovedì 8 novembre 2012

Il barone sanguinario, di Vladimir Pozner (Adelphi)

Abisso narrativo, biografia maledetta di un personaggio altrettanto maledetto, resoconto di un buco nero storiografico come quello della crudele guerra civile tra rossi e bianchi nei primi anni che seguirono la Rivoluzione d’Ottobre. Tutto questo è Il barone sanguinario. Narrazione, reportage, visione, metalibro i cui i piani narrativi si (con)fondono tra la descrizione degli avvenimenti e il backstage della creazione stessa, macrocosmo letterario geopolitico e romanzesco, testimonianza d’autore e avventuroso resoconto di orribili guerre rapaci, a metà strada tra l’affabulazione ossessiva alla Jack London e l’analisi onirica e occulta alla Ferdynand Ossendowsky.
Il barone sanguinario è uno di quei testi che contribuiscono in modo determinante a far luce sulle pieghe più oscure e dimenticate della storia mondiale, su avvenimenti che spesso sono obliati dalla descrizione del divenire della nostra contemporaneità.
Atmosfere in penombra, confuse nella Parigi tra le due guerre mondiali, luoghi di ricerche affannose che Vladimir Pozner frequenta nella investigazione dei fatti che, confusi tra ricordi di aristocratici decaduti e ufficiali zaristi sopravvissuti alla marea bolscevica in un esilio da tassisti, portano all’inseguimento della figura del barone Roman von Ungern-Sternberg, fantasma di cui si sono perse le tracce, incarnazione demoniaca di efferatezze belliche e scontri titanici fra ideologie, avvenuti in un passato che, pur recente, incarna la tragicità di massacri e battaglie eterne, accaduti in quei luoghi, tra Tibet, Caucaso e Cina, che hanno il potere di rivisitare quei confronti senza tempo che tanto hanno contribuito alla creazione dei miti guenoniani e occulti.
Come un missionario inviato in partibus infidelium Vladimir Pozner porta avanti la sua ricerca, giungendo alla creazione di un testo che unisce in modo mirabile la particolarità storica e il fascino narrativo.
Se i libri sono un universo e, come ogni universo, sono uniti da misteriose assonanze, non stupirà il fatto che del barone von Ungern-Sternberg si fa menzione in Limonov, altro testo maledetto e inquietante.
E se ogni universo ha un artefice, Adelphi è senz’altro l’artefice di un universo letterario.
Un libro.
Il barone sanguinario, di Vladimir Pozner (Adelphi). 

martedì 6 novembre 2012

Storie, luoghi, narrazioni, noir atipici: Padania blues

"La Provincia Pavese" quotidiano della provincia di Pavia mi intervista. Si parla di narrazioni e luoghi, di stilemi noir e di noir atipici, di storie, racconti e di Padania blues.

lunedì 5 novembre 2012

Daniele Pugliese rivisita un celebre racconto di Arthur Schnitzler

di Giovanni Agnoloni
da Postpopuli.it
Daniele Pugliese, giornalista, storico e scrittore, è autore di un libro molto interessante, Io la salvero, signorina Else (ed. Portaparole), nel quale rivisita liberamente la vicenda del noto racconto dello scrittore austriaco Arthur Schnitzler (1862-1931) La signorina Else, nel quale si racconta la vicenda di una giovane che, pur di non cedere alle lusinghe sessuali di un uomo, disposto a darle i soldi di cui suo padre ha urgente bisogno, a patto di vederla  nuda, preferisce il suicidio. Ripercorro qui le linee dell’opera in un’intervista gentilmente concessami dall’autore a margine della recente presentazione fiorentina.
- “Io la salverò, signorina Else” è un’opera letteraria in cui convergono diversi livelli di scrittura (e dunque di lettura), narrativi, psicologici e filosofici. Quanta parte di lei, come autore e come uomo, è presente nelle sue pagine?
Come autore direi che ci sono al cento per cento in ognuna delle pagine, anche se, prendendo spunto da un capolavoro dell’autore austriaco, la presenza di Schnitzler è ingombrante: l’editore però ha detto che i diritti di autore li pagherà a me, non ai suoi eredi, e sono dispiaciuto di non poter chiedere una percentuale su quelli che dovessero derivare da una indiretta pubblicità da parte mia al libro originale che, garantisco, è da leggere. Come uomo solo un pezzo. Ovviamente ci ho portato dentro qualcosa di me, di quello che so o di quello che sento e ho sentito, ma un’altra grande fetta è rimasta fuori per lasciar spazio alla signorina Else. È quella ragazza di diciannove anni che si toglie la vita nel 1924 in quel crogiuolo di culture e idee che è stata la Felix Austria che merita spazio, ascolto, comprensione, anche perché sono convinto che dica qualcosa a tutti noi: maschi o femmine, giovani o vecchi, ricchi o poveri.
- Una sottolineatura che mi ha molto colpito è quella della necessità di un senso di responsabilità individuale, scevro però da sensi di colpa. In qualche modo, occuparsi degli altri (come Else vorrebbe fare con suo padre) non significa “portare il loro peso”. Personalmente sono d’accordo, ma sto cercando di capire: se non questo, allora che cosa significa?
Che diamine di modo di “portare pesi” è quello di restarne schiacciati? Chi si affiderebbe a una tavola di legno marcia e fradicia per attraversare un precipizio? Mi viene in mente quella splendida frase di Tolstoj che più o meno dice: «Sto seduto sulle spalle di un gigante e giuro di volerlo aiutare in ogni modo, tranne quello di scendere». Spesso facciamo così e non è grave farlo: è grave non rendersene conto. Grave, gravoso, pesante. Per sé e per il supporto. Il mio non è un invito all’indifferenza o a una rinuncia, ancor più grande di quella a cui già assistiamo purtroppo, alla solidarietà, all’accudimento, al prendersi cura. Il mio è un invito a farlo facendosi qualche domanda e dandosi qualche risposta. Cioè, appunto, ad essere responsabili dei propri atti, delle proprie parole, dei propri pensieri. Sa quelle storie di «Mi hanno intestato un attico ai Parioli, ma a mia insaputa». Oppure: «L’ho massacrata di botte ma l’amavo». Spero di essermi spiegato. Una sola aggiunta. I sensi di colpa non sono la consapevolezza della responsabilità, sono solo, come dire, la beffa dopo il danno, o un’aggiunta di peso al peso già gravato. «Sto seduto sulle spalle di un gigante e lo cospargo anche di lacrime!»
- La temperie culturale dell’Impero Asburgico ormai decadente trapela dalle righe del suo libro come dal racconto di Schnitzler che lo ha ispirato. Quanto questo sfondo collima con il presente dell’Italia? Quante “signorine Else” del mondo di oggi potrebbero raccogliere il messaggio del “salvatore” che cerca di impedire il “suicidio”?
In Cacania, così Musil ci dice si chiamava l’Impero Asburgico, quel senso di decadenza era andato molto oltre e si era spinto alle soglie della paura della fine del mondo. Schnitzler nega di aderire a questo piagnisteo, dice di limitarsi a guardar chi gli sta intorno senza tante moine e salamelecchi. Anche il nostro orizzonte appare incerto e offuscato e si scomodano i Maya stavolta per dire che siamo sull’orlo del baratro. Non ho sfere di cristallo e diffido di chi ne fa mostra. E questo sarà l’argomento di un libro che sto per pubblicare. Ma il disincanto di Schnitzler o di altri “cinici” come lui – di un Epicuro, di un Hobbes, di un Gramsci per citarne qualcuno – mi pare salutare in qualsiasi epoca e ad ogni latitudine, anche oggi qui in Italia. Si paga dei prezzi per quel “realismo”, ma se no che consapevolezza è? Quanto alle statistiche riguardo alle attuali signorine Else e alle loro possibilità di salvezza, devo dire che la Borsa e lo spread ci hanno purtroppo abituato a fidarci poco dei numeri, i quali non hanno colpa, come se la matematica fosse un fondo di caffè o le interiora di un agnello sacrificato. Però lo ripeto: se il salvatore della signorina suggerisce di dialogare ed essere un po’ più coscienti, proviamo, ieri o oggi e magari anche domani: male non fa.

Daniele Pugliese (da www.danielepugliese.it)
- Una massima che si trova nel libro è: “La vita umana è gioco”. Vuol essere un’affermazione paradossale o è una presa di coscienza della paradossalità dell’esistenza, non molto diversamente, in fondo, dalla situazione dello scarafaggio di kafkiana memoria?
La sensazione che ho ricevuto io leggendo il capolavoro di Kafka non è quella della paradossalità dell’esistenza, semmai della sua tragicità. Ma per rispondere alla domanda direi che è il secondo significato quello che io ho voluto dare. Più precisamente ho tentato di mettere in luce la convinzione che l’esistenza abbia, come i giochi, le sue regole e che queste, volendo giocare, vadano rispettate; ma anche un mio sospetto: che sia tutto quanto da prendere meno sul serio di quanto ho fatto finora. Un po’ più per gioco.
- In fondo, consonante col tema del gioco è quello della “possibilità”, com’è giustamente stato sottolineato nel corso della presentazione fiorentina dal relatore, il Prof. Roberto Venuti. Un riferimento in cui lui ha finemente colto venature “alla Musil”, citandone, come parallelo moderno un film abbastanza recente come “Sliding Doors”. Ma nella vita abbiamo veramente una scelta? La vicenda della signorina Else è la dimostrazione di come in fondo esiste un destino immutabile? O invece il dialogo, non solo interiore ma con l’altro, è sempre indice rivelatore di una nuova possibilità?
Il professor Venuti, illustre germanista che ho avuto il piacere di conoscere solo alla presentazione del mio libro a Firenze, è stato troppo buono con me e questo mi mette in imbarazzo, anche perché se c’è un libro che io salverei dall’apocalisse prossima ventura è L’uomo senza qualità. Certo, svelando da critico quello di cui io, scrivendo la novella, non potevo accorgermi, vale a dire l’enfasi data al tema della “possibilità”, Venuti mi ha colto con le mani nella marmellata ed io devo prendermi la mia responsabilità. È vero, è argomento su cui mi arrovello. In definitiva, ripromettendomi di salvarla, alla signorina Else do una possibilità. Ne do una al lettore della storia originale e forse, per certi versi, anche a Schnitzler, ingiustamente accusato di oscenità dai suoi contemporanei. Lei mi chiede se nella vita abbiamo veramente una scelta e la mia risposta, più che opinabile ovviamente, è senz’altro sì: all’incirca ogni 30 secondi. Ma quale destino immutabile! Questo non significa che qualche spada di Damocle non sia sulla nostra testa: si decide più a Wall Street cosa mangeremo stasera per cena che non a Montecitorio, purtroppo, ma nemmeno provarci ad avere governanti migliori è come prendere il Veronal della signorina Else. Servirà a poco, ma almeno, come diceva un grande poeta, alla fine uno potrà dire: confesso, ho vissuto.

sabato 3 novembre 2012

The Italian Game

Sono convinto fin dalla sua comparsa che la piattaforma Tumblr sia uno strumento fondamentale per esprimere flussi di coscienza culturali, pop, underground, postmoderni che si bilanciano tra la creatività personale e quella di una community che spesso si trasfigura in una collettività che ha per obiettivo il contenuto multimediale al posto della chiacchiera fine a se stessa. Avevo già affrontato il rapporto fra Tumblr e l'editoria italiana, tema che mi riprometto di allargare in un piccolo saggio che sto scrivendo per la collana Social Media Landscapes di Errant Editions. Ora non posso fare a meno di scrivere di un Tumblr (theitaliangame) curato da Ivan Carozzi. Perché questo Tumblr ha attirato la mia attenzione? Perché theitaliangame è un vero e proprio flusso di coscienza che ha per oggetto la storia italiana degli anni '70 e '80. Anni di strategia della tensione, di terrorismo, di conflitti sociali, ma anche anni nei quali abbiamo assistito alla preistoria dei mezzi di comunicazione di massa, alle prove generali della organizzazione del consenso attraverso giornali e televisioni, alle prove generali dello sviamento dell'attenzione dell'opinione pubblica per mezzo dell'uso sapiente della cronaca nera e della cronaca politica. Ivan Carozzi, con la sua curation, ci fa sentire le atmosfere dei film di Francesco Rosi e di Elio Petri ma anche quelle dei poliziotteschi, ci presenta trafiletti della stampa nazionale ma anche quelli della cronaca più popolare. L'Italia che esce da questo Tumblr è un'Italia a metà strada tra La Salamandra di Morris West e un articolo di Cronaca Vera. E forse è ancora così.

martedì 30 ottobre 2012

Padania blues, 4 novembre 2012

Domenica 4 novembre c'è la prima presentazione di Padania blues. Alla presentazione parteciperanno anche alcuni soci dell’ A.DO.V. di Broni (Associazione Donatori di Voce), che ne leggeranno alcuni brani.



sabato 27 ottobre 2012

Pinterest è un sogno? (qualche bilancio)

Pinterest è un sogno? sta andando molto bene. E' stato al primo posto nella sezione Computer della piattaforma lulu.com, è tuttora tra gli ebook più venduti del giorno e della settimana di Ultima Books ed è terzo nella sezione Social Media di Bookrepublic. Se ne è parlato molto bene sul sito Storia Continua e ci sono lettori che ne sono entusiasti. Insomma qualche piccolo bilancio andava pur fatto.
Buon fine settimana a tutti!

giovedì 25 ottobre 2012

Limonov, di Emmanuel Carrère (Adelphi)

Come una sonda che si inoculi negli anfratti più inquietanti della nostra storia contemporanea per individuarne le scenografie più perturbanti, così Limonov, nuovo François Villon a cavallo fra secondo e terzo millennio, si muove attraversando l’oscura oppressione di periferie sovietiche anni Cinquanta dominate da bande di crudeli teppisti, la disperata scena underground russa, la decadenza ostentata di epigoni nuovayorkesi delle perenni e inimitabili factory warholiane, il definitivo orrore delle milizie serbe tra le macerie della ex Iugoslavia, il dissolvimento dell’Impero sovietico. Stalinista, nazionalista, poeta, scrittore, irriducibile oppositore di Putin, affascinato da teorie che abbracciano tutto l’universo che va dai testi del delirio occultista alle leggende tibetane, Limonov si muove costantemente come un’icona postmoderna, come una creazione inviata da altri mondi il cui scopo finale sia quello di testimoniare la follia dei tempi e delle ideologie.
Limonov non più (non solo) protagonista di una vita che appare come la somma di tante vite parallele, ma Limonov che porta se stesso e le sue vicende sino alla necessaria trasfigurazione in vicenda letteraria vivente.
Frequentatore di storie che fanno dell’inquietudine la loro parola d’ordine, Emmanuel Carrère analizza la figura affascinante, bieca, perversa, schietta di Limonov nello stesso modo in cui affrontò la figura di Philip Dick in Io sono vivo, voi siete morti. Così come con la figura di Dick anche per Limonov Carrère prende le mosse analizzandone la produzione letteraria nella convinzione, più che corretta, che le parole scritte siano comunque una prosecuzione del corpo dello scrittore e i suoi libri vere e proprie protesi dell’anima. Ed è un’anima complessa, difficile, anche nera quella che traspare da questa opera di Carrère. Limonov che vive sulla propria pelle tutte le feroci contraddizioni politiche, sociali, economiche che nascono dal periodo della guerra fredda e della caduta dell’Unione Sovietica; Limonov che appare come circondato senza speranza da un destino tragico che si porta dentro. Destino al quale sa di non poter sfuggire e che sfida trasformandosi in uomo drammaticamente consapevole della violenza che si nasconde nelle pieghe dell’umanità. Sarebbe troppo facile descrivere Limonov come agente del male. Limonov è semplicemente il lato oscuro che si nasconde in ognuno di noi.
Un libro.
Limonov, di Emmanuel Carrère (Adelphi).

giovedì 18 ottobre 2012

Oltre l'ebook (Guida definitiva alla Letteratura 2.0), di Sonia Lombardo (Smashwords Edition)

Nel mondo in costante evoluzione dell’editoria digitale e dell’ebook è importante avere delle bussole che ci orientino tra i suoi continui mutamenti.
Oltre l'ebook è un rapporto sullo stato dell’arte dell’universo della scrittura e della pubblicazione digitale ed è l’ideale bussola che aspettavamo. Nessun volo pindarico, ma una seria ed esaustiva indagine sui nuovi linguaggi che concretizzano il rapporto della eterna volontà di narrare con i nuovi mezzi che il digitale ci mette a disposizione.
Sonia Lombardo, curatrice dell’interessante sito Storia Continua, sito dove è possibile trovare tutto il divenire delle nuove narrazioni, con Oltre l'ebook continua il suo lavoro di monitorizzazione della letteratura digitale e delle nuove forme di scrittura che si sviluppano attorno ad essa.
Ed è proprio questo concetto di letteratura elettronica, digitale, di letteratura 2.0 che muove l’intera struttura di Oltre l’ebook. Una letteratura che prende le mosse dal web e dagli strumenti che il digitale le mette a disposizione e che per mezzo di questi si trasforma in un nuovo modo di raccontare e di raccontarsi. Una letteratura 2.0 che non è semplicemente il travestimento digitale della narrazione classica, ma che diviene qualcosa di infinitamente nuovo e affascinante, al punto da trasformare essa stessa in un unicum che vive di vita propria, dove i confini tra chi scrive e chi legge si fanno evanescenti e sono destinati a incontrarsi e a fondersi in un nuovo orizzonte. Un orizzonte ancora tutto da esplorare, da conoscere, da comprendere, in cui la figura dello scrittore assume nuovissime potenzialità che gli permettono di superare i limiti della pagina scritta per approdare al ruolo di creatore di nuove storie che nascono dal web e che nella liquidità del web si amalgamano in una affascinante circolarità.
Oltre l'ebook ci insegna a non essere governati dal digitale, ma a governarlo e a fondere la parola scritta con le infinite potenzialità dei nuovi linguaggi. Una guida fondamentale per chi scrive (e per chi legge) le nuove narrazioni.
Un ebook.
Oltre l'ebook (Guida definitiva alla Letteratura 2.0), di Sonia Lombardo (Smashwords Edition).

martedì 16 ottobre 2012

Intervista a René Frégni

Ho incontrato René Frégni nel tardo pomeriggio di sabato 13 ottobre, in occasione della sua premiazione con La Targa Jean Giono. Scrittore dalla vita avventurosa e complessa, poeta e autore di pièces teatrali, ha risposto con grande disponibilità alle mie domande. 
In Italia le sue opere sono pubblicate da Meridiano Zero.


Poliziesco, giallo, polar, noir. Generi che a volte si intersecano e a volte rimangono distinti. Esiste veramente una differenza tra romanzo poliziesco e noir?
Nel romanzo poliziesco classico c’è un delitto, c’è la polizia, c’è un’inchiesta e c’è un colpevole. Il poliziesco ha una struttura geometrica. Procede dall’incertezza verso la certezza. Il noir fa esattamente il contrario: procede dalla certezza verso l’incertezza. In una trama noir non c’è un colpevole definitivo che pagherà per i suoi delitti. Nel noir tutti sono in qualche modo colpevoli.

Marsiglia fa spesso da sfondo ai suoi romanzi. Sente qualche punto in comune con Jean-Claude Izzo, altro scrittore noir che ambientava le sue storie nella stessa città? Ne è stato in qualche modo influenzato?
Ho iniziato a pubblicare prima di Izzo. Le letture che mi hanno profondamente influenzato non sono state legate solo al noir. Gli autori che mi hanno in qualche modo segnato sono stati Flaubert, Jean Giono, Camus, Chandler e inoltre la mia esperienza di scrittore deve molto alla mia attività prima di infermiere psichiatrico che organizzava spettacoli teatrali con i pazienti e poi di animatore di un laboratorio di scrittura alle Baumettes, il carcere di Marsiglia.

Può il noir essere considerato lo strumento più appropriato per raccontare i disagi e le contraddizioni politiche, economiche e sociali della nostra epoca?
Certamente. Proprio per quello che dicevo prima, per quel procedere del noir dalla certezza verso l’incertezza. Dentro ognuno di noi c’è un noir. Ed è soltanto raccontadolo che si può sperare di superare il buio del disagio sociale per arrivare a vedere qualche luce.

Lei è considerato uno degli esponenti del noir mediterraneo. Che cosa caratterizza questo tipo di noir, al di là dell’ambientazione, del territorio?
Una cosa sola, ma fondamentale: dietro il noir mediterraneo c’è tutta la terribile e affascinante grandezza della tragedia greca.

giovedì 11 ottobre 2012

Sì, ho scritto un libro di racconti e si intitola Padania blues.

Sì, ho scritto un libro di racconti e si intitola Padania blues. Non l'ho scritto adesso. L'ho scritto negli anni, in un periodo che va dagli anni Novanta ai primi anni del Duemila. L'ho scritto prima di Notte di nebbia in pianura, l'ho scritto prima dei miei ebook. L'ho scritto quando ho smesso di buttare nel cesso tutto quello che scrivevo. L'ho scritto perché mi andava di scriverlo. L'ho scritto perché questi racconti mi entravano in testa e in qualche modo li dovevo vomitare. L'ho scritto perché pensavo di essere uno scrittore. L'ho scritto perché non conoscevo ancora bene l'editoria. L'ho scritto perché ero disperato, ingenuo, stupido. L'ho scritto perché quando l'ho scritto ero ancora giovane e pensavo che ai giovani fosse data in dono l'eternità. L'ho scritto perché credevo nella parola, nei libri, negli scrittori. L'ho scritto perché credevo ancora in qualcosa, anche se non sapevo bene cosa. L'ho scritto perché ero un illuso. L'ho scritto perché credevo che chi scrivesse non fosse solo un burattino mediatico. L'ho scritto perché gli editori ai quali lo mandavo mi dicevano bei racconti, ma in Italia nessuno legge racconti, perché non ci scrive un romanzo? L'ho scritto tanto tempo fa. Ho riletto oggi quei racconti che sono stati appena pubblicati. Appartengono a un tempo che è passato e che non tornerà più.

sabato 6 ottobre 2012

Pinterest è un sogno? (I "Social Media Landscapes" di Errant Editions)

Errant Editions lancia il progetto Social Media Landscapes, testi brevi, agili e incisivi che mettono a fuoco un dettaglio, un lembo, una prospettiva relativa all'universo dei social networks, dei social media, del web nel suo complesso. Visioni che cercano di individuare le prospettive dell'evoluzione della rete.
Inauguro questo progetto con il mio Pinterest è un sogno?, una visione su Pinterest e il suo utilizzo in particolare nel campo editoriale. Qual è il rapporto fra Pinterest e gli scrittori? Come gli editori italiani usano Pinterest? Un blog letterario può stare su Pinterest? Le board hanno una loro poetica?
Ovviamente questo ebook ha anche una board dedicata su Pinterest.
L'ebook al momento è scaricabile qui. Prossimamente sarà disponibile in tutti gli store online.

giovedì 4 ottobre 2012

Comprare il sole, di Sebastiano Vassalli (Einaudi)

Sebastiano Vassalli non è soltanto uno scrittore. Sebastiano Vassalli è anche un viaggiatore del tempo e un anatomopatologo letterario.
Viaggiatore del tempo perché i suoi romanzi percorrono tempi storici che si trasformano e si trasfigurano in allegorie dell’anima e anatomopatologo letterario perché le sue parole scavano sin nel profondo dei corpi, delle loro ansie, delle loro meschinità.
Le epoche storiche sono da sempre oggetto di una fondamentale domanda. Se cioè la rappresentazione delle distorsioni e delle patologie sociali vada ricercata nei comportamenti delle figure totemiche dei re, dei papi, degli imperatori, dei primi ministri e dei generali oppure nella vita delle genti meccaniche e di piccolo affare di manzoniana memoria che il Manzoni invece vedeva come vittime dell'arbitrio dei potenti..
Ed è su questo punctum dolens che il Vassalli viaggiatore del tempo si sofferma con Comprare il sole ed proprio qui che il Vassalli anatomopatologo letterario affonda il suo bisturi.
Osservatore distaccato (ma non certo privo di opinioni, anzi) alla maniera dei Voltaire e dei grandi pamphlettisti del sei e del settecento inglese, il Vassalli viaggiatore del tempo ci racconta una favola, una fiaba, una storia; ne presenta i personaggi principali e i comprimari con la nonchalance puntuale di un suggeritore che, dalla sua buca, segua il tramestio del palcoscenico e ne accompagni la trama che si snoda sino alla sua trasformazione in una struttura narrativa che piano piano abbandona il suo artefice per entrare nell’anima dei lettori.
Il Vassalli anatomopatologo letterario invece, mentre si svolge la narrazione, esegue una vera e propria autopsia della società contemporanea, dei suoi perniciosi luoghi comuni, del suo abborracciato armamentario pseudoculturale. Operazione che conduce analizzando, sezionando, scomponendo i frammenti della vicenda e le vite dei suoi personaggi.
Al termine della lettura di Comprare il sole sarà ben chiaro che nella nostra contemporaneità le genti meccaniche e di piccolo affare hanno assunto nelle loro vite tutti gli atteggiamenti, i capricci e le meschinità censurabili di quelle stesse figure totemiche che sembravano così irraggiungibili. Le vittime dell'arbitrio dei potenti non hanno fatto altro che seguirne l'esempio, perseguitandosi reciprocamente con grandi e piccoli arbitrii e vessazioni. Una piena e totale uguaglianza si è compiuta. Non certamente verso l’alto, bensì verso il fondo.
Lo scrittore si congeda, il viaggiatore del tempo si riposa, l’anatomopatologo, compiuta la sua dissezione, si allontana. Quella che sembrava una favola dai toni farseschi è in realtà un romanzo dell’orrore, ma di quell’orrore quotidiano, che vive negli anfratti della banalità e che si confonde con l’ambiente sino a sembrarne elemento irrinunciabile.
E, a ben guardare, quel romanzo dell'orrore si svolge tutti i giorni davanti ai nostri occhi.
Un libro.
Comprare il sole, di Sebastiano Vassalli (Einaudi)

lunedì 1 ottobre 2012

Poethree. Una triade di nuovi poeti italiani

di Giovanni Agnoloni
da Postpopuli.it
Che cos’è la poesia underground? Come la musica e tutta la cultura underground, lo dice la parola, è un fenomeno “sotterraneo”. Viene allora da chiedersi: rispetto a che cosa? Certamente rispetto alla cultura accademica, ma anche alla produzione più strettamente “commerciale”. Ma, soprattutto, viscerale, di pancia, d’impatto. Dunque, ancora una volta, sotto, o meglio dentro.


da farapoesia.blogspot.com
Leggendo i versi di Luca ArtioliFabio Barcellandi e Andrea Garbin raccolti nella silloge POETHREE. New Italian Voices, edita da THAUMA, mi sono venuti in mente i poeti realvisceralisti de I detective selvaggi di Roberto Bolaño, specchio di quel movimento di avanguardia che fu l’infrarealismo messicano degli anni 70′. Queste valenze dilanianti e dissacranti sono ben evidenziati dall’introduzione del poeta irlandese Dave Lordan. Poi si passa alle poesie, tutte disponibili sia in italiano, sia in inglese. E qui vengono fuori le valenze emotive, i grumi/succhi di emozioni proposti da questi autori. E troviamo evocazioni di luoghi e atmosfere, mescolate a frammenti di memoria, come in Cartagena di Luca Artioli.
L’amore silenzioso
che sei, che posso darti,
è un bruciare di cera, dove
le stagioni a poco
a poco si annottano
di altri letti, come un segreto
da trattenere, quasi fosse un rito
o un debito dovuto alla poesia, che
nella pausa della fiamma
si acquartiera qui, a Cartagena:
un porto senza tempo, dove
colme si fanno le distanze e lucida
lucida è sempre la percezione della tua
prossima fuga.
Si passa poi all’essenzialità sospesa tra lo haiku e il koan di quel “Cecco Angiolieri postmoderno” che è Fabio Barcellandi, come in Bene o male:
Il male
non desidera il tuo
male
desidera che
s[t]ia male
come lui
il bene
desidera il tuo
bene
non desidera che tu
s[t]ia bene
come lui
Poi c’è come una pausa, il soffio di un respiro, e si passa all’andante intimo dei versi di Andrea Garbin, percorsi da fremiti d’inquietudine e da archeologie di suoni e altre percezioni, coniugati in sinestesie spiazzanti, come in Un pendolo:
È come il culo del silenzio
quel rintocco che odo ogni ora
a troncarmi il sono
un temporaneo istante di follia
che si muove prepotente
tra un sogno e l’altro
una spina che punge la notte
la costante percezione
dello sfinimento
quando il silenzio interrotto muore
e il botto infrange la quiete
io mi rattrappisco
lascio che l’udito mi avvolga
indicibile tormento
lascio che mi avvolga
disteso nel dolce giaciglio
osservo il lucido ottone
cercare silenzi
e ogni volta che ne trova uno
il suo grido si sviluppa
a torcermi il ventre.
Tre stili diversi, ma ben raccolti in una silloge che, come una sinfonia, comprende tre movimenti dall’anima affine, pur nella diversità di forme. Come a rivendicare una misura classica anche in ciò che, per sua natura, aspira a porsi all’avanguardia.