martedì 22 maggio 2012

Ossa nel deserto, di Sergio González Rodríguez (Adelphi)

Messico. Tutti i desperados, prima o poi, cercano di raggiungere il Messico. Luogo sospeso tra l'occidente ipertrofico degli States e lo scenario da realismo magico dell'America Latina. Anticamera del gendarme statunitense e camera di compensazione di tutto il folklore, perché no, cinematografico e dei luoghi comuni.
Le Tijuana Bibles, riviste porno del secolo scorso, trovano nel Messico il luogo della loro produzione, così come la vulgata underground vede nel Messico uno dei luoghi di perdizione degli snuff movies. Messico. Scenografia arsa e giallastra, come la inquietante fotografia di Traffic. Messico. Sole a picco, come in Detective's story. Messico. Sole a picco, senza ombre, come in Ispettore Callaghan, il caso Scorpio è tuo, che è ambientato in quella California che, del Messico, è parente stretta. Sole a picco, senza ombre, anche in 007 Una cascata di diamanti, e anche lì siamo in California.
Messico come terra di confine, terra di forzata spensieratezza e di orrori. "Non luogo" di difficile comprensione e di inquieta narrazione. Non soltanto sole a picco, ma anche notti senza risposte, come ne L'infernale Quinlan.
Ossa nel deserto, narrazione che vive oltre se stessa, confluendo in quel dipinto bruegeliano sulla sopraffazione, sulla violenza e sulla morte che è 2666 di Roberto Bolaño, che ebbe una lunga corrispondenza con Sergio González Rodríguez (e che poi conobbe personalmente, leggendo anche il manoscritto di Ossa nel deserto prima che fosse dato alle stampe) per raccogliere il materiale che avrebbe utilizzato per La parte dei delitti, dove trasfigurerà lo stesso González Rodríguez in personaggio letterario.
E non ci sono risposte alle domande sedimentate dall'orrore quotidiano. Da quell'orrore che non ha nulla di umano e che ha, invece, tutto di demoniaco. Anche e soprattutto nella sua accettata banalità. Se James Ballard sosteneva che "gli alieni siamo noi", González Rodríguez può affermare, senza timore di essere smentito, che i mostri siamo noi. Uno stillicidio di orrore che non accenna a diminuire. Un mastodontico traffico di stupefacenti che trasforma una terra in una metafora del peggior inferno dantesco e che fa da sfondo allo sgranarsi di un rosario malvagio, quello degli infiniti omicidi di ragazze e donne, via crucis satanica che ha originato il neologismo "feminicidio en Ciudad Juarez". 
Non c'è contrappasso alcuno. Non c'è salvezza alcuna.
Un libro.
Ossa nel deserto, di Sergio González Rodríguez (Adelphi).

Nessun commento: