venerdì 14 settembre 2012

Le rose del ventennio, di Gian Carlo Fusco (Sellerio)

A volte reminiscenze adolescenziali portano a rispolverare ricordi ormonali. Un numero sgualcito di Playboy, quello della edizione italiana degli anni Settanta, diretta da Maurizio Mosca. Il Playboy che, per intenderci, vendeva un milione di copie mettendo in copertina Ornella Vanoni. E questi ricordi lontani di acerbe scoperte erotiche mi portano alla mente il nome di Gian Carlo Fusco che, proprio in quel numero, se non ricordo male, era autore di un lungo, circostanziato ed ironico articolo sulla partouze. Il nome di Gian Carlo Fusco si è da allora sedimentato nelle mie ricerche letterarie che, negli anni, mi hanno fatto poi scoprire questo irregolare della letteratura. Leggere Fusco ha la sua importanza per due motivi. Il primo è quello, direi quasi igienico, della liberazione per un istante dalla contemporaneità del narrare, liberazione che ci fa riscoprire un autore a suo modo anarchico e guascone. Il secondo è quello di riportare il lettore, almeno per un attimo, a quello scrivere che è quello dei Montanelli e dei Piero Chiara, quello scrivere apparentemente leggero dove la leggerezza altro non è se non un modo per rimarcare, invece, la pesantezza del vivere quotidiano. Quello scrivere dove l’ironia ha il pregio di trasformarsi in una lama affilata che fa a pezzi i luoghi comuni di quell’italietta che, da sempre, alberga anche nei cuori e nei comportamenti più insospettabili.
Gian Carlo Fusco, con Le rose del ventennio, dipinge con pennellate decise ed essenziali, il ritratto di quell’italietta, di quel misto di tragica comicità e di comica tragedia che, purtroppo da sempre, fanno da sfondo alla nostra storia patria. Solo la penna, geniale nella sua austera semplicità, di uno scrittore fuori dagli schemi come Fusco poteva donarci un ritratto così pregnante di noi stessi. Le rose del ventennio è sì ambientato tra la presa di potere del fascismo e la guerra d’Albania, ma la sua contemporaneità è semplicemente disarmante. Come un abito di alta sartoria che dura negli anni e sfida tutte le mode, i racconti che compongono Le rose del ventennio possono tranquillamente essere adattati alla nostra storia contemporanea senza alcun problema. Certi ritratti, certe parole d’ordine, certe posture, certi personaggi di quest’opera appartengono di diritto a quella eterna commedia dell’arte che unisce sapientemente letteratura, storia, critica sociale e genialità compositiva e che non risente del passare del tempo. Quella commedia dell’arte della quale siamo tutti inconsapevoli protagonisti. Quella commedia dell’arte che Fusco ha saputo descrivere e far vivere. Per sempre.
Un libro.
Le rose del ventennio, di Gian Carlo Fusco (Sellerio).

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