giovedì 15 novembre 2012

1Q84 Libro 3, di Murakami Haruki (Einaudi)

E c’è questo percorso nel e del tempo che va, forse, a ritroso o comunque segue strade inquietanti e angosciose, percorso nel e del tempo che nasce da un’affabulazione che fa dell’ipertrofia narrativa il suo marchio affascinante. Ed è un ipertrofia narrativa che deriva il suo incanto da quel sottile filo che unisce Joyce alla reazione stilistica dei postmoderni come Heller, Pynchon, Barthelme, sino ad arrivare agli affreschi narranti di DeLillo e di David Foster Wallace. E c’è questa carnalità viva e palpitante che nasce dalle deiezioni riproduttive fino a raggiungere l’ultimo respiro della morte. E c’è questo raccontare onirico che crea mondi paralleli fatti di vita e di morte, di gioia e di sofferenza estrema, in una immersione totalizzante di storie parallele e di personaggi che sembrano provenire da un eterno Bolaño compenetrato nelle atmosfere universali e giallastre di un Centro e Sudamerica da incubo senza possibilità di risveglio, e che giungono invece a compimento ultimo in questa saga dell'oriente industrializzato e tuttavia così paradigmatica di un occidente dove Omero e Shakespeare sembrano cantare una storia che, dalle insondabili e comunque definitive, alla Borges in ogni caso, origini del raccontare e del raccontarsi dell’umanità, arrivano all’approdo di intrecci nipponici riverberati dalle immaginifiche e sensuali visioni di Akira e di Æon Flux.
Mondi paralleli e nemici, realtà non tanto virtuali quanto pericolosamente vicine a un romanzo universo che penetra nella mente del lettore sino alla definitiva creazione di un piano in cui colui che scrive e colui (o colei) che legge diventano la stessa azione prima ancora che persona.
1Q84 Libro 1 e 2 che fa da prodromo a questo 1Q84 Libro 3, in cui si tirano le somme di una gigantesca narrazione che prende le mosse da una quotidianità infusa di metanarrazioni, di confronti e descrizioni che amalgamano libri che parlano di libri e che diventano protagonisti di una realtà sommersa di sette segrete e di derive politico religiose che, alla fine, paiono non una finzione, bensì l’unica e necessaria descrizione di una realtà che onirica non è poi tanto. Ma le somme che vengono tirate portano non alla definitiva conclusione, bensì lasciano trasparire piccoli strappi alla realtà apparentemente pacificata, strappi attraverso i quali non è detto che altri incubi non possano fuggire per condensarsi in una realtà che è ancora altra e oppositiva. Murakami è il cantore di una contemporaneità perversa nella sua apparente tranquillità e tranquilla nella sua accettazione del perverso. Il perturbante di Freud diviene così il solo mezzo di comprensione e di lettura di un presente inquietante. E Murakami ci manda un messaggio, scrivendolo sui muri di una Tokio evanescente e angosciante nella sua immobilità. E’ il suo personalissimo e ubikiano “io sono vivo, voi siete morti”. La domanda è: a quale livello di realtà ci siamo svegliati? La risposta è: meglio non guardare la luna. Mai.
Un libro.
1Q84 Libro terzo, di Murakami Haruki (Einaudi).

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