domenica 16 dicembre 2012

John McAfee e il postmoderno

Sono avvezzo da tempo (forse troppo tempo, sin da quando nel lontano 1989 cercavo all'allora seconda edizione della Fiera del libro di Torino notizie, non ancora supportate dall'inesistente web, su una inquietante casa editrice statunitense che riproduceva libri e immagini deliranti, la Amok Press, nascosta allora dietro un PO box clandestino) alla ricerca di quella insondabile definizione di postmoderno che forse solo DeLillo, DFW e Bolańo avrebbero in seguito infuso nelle loro narrazioni.
Ora dal mare infinito di internet, per dirla alla Saramago, emergono tracce sulla fuga del fondatore dell'antivirus McAfee, accusato di omicidio, nelle lande desolate e portatrici di inquietudini senza tempo, di quel centro e sudamerica, paradigma e backyard definitivo dell'America gringa, dell'America luogo di narrazione allucinata.
Alcuni anni fa un'altra narrazione delirante era apparsa tra le pieghe di quell'arcobaleno pynchoniano senza fine. L'erede della DuPont (industria chimica secolare del New England) era stato ucciso da una squadra speciale del FBI, dopo essersi barricato nella sua dimora in compagnia di decine di culturisti armati che facevano parte di un suo personalissimo culto sadomasoguerrillero.
La narrazione postmoderna non ha mai fine.
Altri miei deliri narrativi sul postmoderno li trovi qui.
L'ossessione per le parole
Borges aveva un Tumblr

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