venerdì 28 febbraio 2014
Le mie nuove avventure: Antonio Tombolini Editore e Officina Marziani
Antonio Tombolini ha creato una nuova casa editrice e ha affidato a Michele Marziani la direzione di due collane di narrativa: Officina Marziani e Oceania. Sono felice di annunciare che Michele Marziani mi ha scelto come autore che per primo aprirà le pubblicazioni della collana Officina Marziani. Con quale romanzo? Tra poco lo saprete e, come sempre, buona (in questo caso futura) lettura!
Antonio Tombolini:
Il lavoro di selezione dell’editore (cioè io) non sarà fatto sui libri, e neanche sugli autori, ma sui curatori, sui direttori editoriali cui affiderò diverse collane, di vario genere e tematica. Credo che la grandezza dei grandi editori italiani (quelli veri che abbiamo avuto) consistesse non in un particolare fiuto nello scegliere libri o autori, ma nello scegliere i direttori editoriali a cui affidare, con ampia autonomia, la gestione delle collane. (...) non avrò alcuna voce in capitolo sulle scelte di pubblicazione. Un po' come in una squadra di calcio: io scelgo l'allenatore, a fare la formazione ci pensa lui.
Michele Marziani:
Stiamo lavorando al piano editoriale e lo renderemo noto già nelle prime settimane di marzo. Partiremo quasi subito con Officina di cui voglio svelare il nome del primo autore: si tratta di Angelo Ricci, scrittore molto bravo e attivo anche in rete.
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lunedì 24 febbraio 2014
La parte dell'intervista
Giovanni Agnoloni mi intervista su Postpopuli.it. Parliamo di demiurghi, cyberpunk, flussi narrativi, finzioni, scrittori unici, golem, moloch, mantra letterari, postmodernismi vari, Jorge Luis Borges, Roberto Bolaňo e (of course) della mia efferata trilogia (disponibili la parte I e la parte II) in corso di pubblicazione presso Errant Editions.
Buona lettura!
Buona lettura!
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mercoledì 19 febbraio 2014
Nel nome di Marco, di Michele Marziani (edicicloeditore)
Una circolarità dei momenti narrativi che si amalgama a una proiezione quasi geometrica di destini incrociati e annodati, ma non nel castello di calviniana memoria, bensì in una narrazione che è dei nostri tempi ma che questi tempi è capace di travalicare anche, trasfigurandosi in storia di sentimenti e amori, di sofferenze e condanne che diventano paradigma dell’umanità tutta. Questa icona sportiva, mediatica, dai successi eroici e dagli insuccessi estremi, icona sacrificatasi e sacrificata alla follia cannibalesca della contemporaneità certamente, ma anche umanissima nelle sue perdite e che è quel Marco Pantani, vincitore e sconfitto al contempo, osservato nella fulminea visione di un paio di gare, di qualche attimo di vita, e di vite perse, condannate e forse assolte, da quel Fausto Bianchi, prete spretato, uomo afflitto, padre immemore e condannabile e poi assolto da quel Dio che forse è donna in questa storia e in tante altre storie, quel Fausto Bianchi che nel nome e cognome rimanda a glorie ciclistiche che appaiono sconfitte nella e della sconfitta del Marco Pantani e del Fausto Bianchi stesso. Esiste tuttavia un conforto anche nella perdizione massima, anche nei destini che noi viviamo o siamo costretti a vivere. E questa mirabile proiezione geometrico narrativa dove la parte contiene il tutto ed è dal tutto contenuta e giustificata nella speranza umanissima che non ci sono forse mai momenti ultimi, e dove il narratore apre la narrazione alle comprensioni del mistero universale che furono di Giordano Bruno, ci regala momenti, attimi di autentica commozione e tenerezza, quella commozione e quella tenerezza che nascono dal dolore e dalla sofferenza. La memoria del Pirata veglia sui territori di questa storia, una storia in cui si fondono luoghi e sentimenti, periferie e campagne, e che giunge significativamente alla sua conclusione in quella Rimini che è stata testimone della tragica fine del Pirata e che oggi assiste alla rinascita del Bianchi Fausto attraverso quel figlio che di nome fa appunto Marco.
Un libro.
Nel nome di Marco, di Michele Marziani (edicicloeditore).
Un libro.
Nel nome di Marco, di Michele Marziani (edicicloeditore).
martedì 18 febbraio 2014
Il Centro Studi Giorgio Manganelli rischia la chiusura. Un appello di Lietta Manganelli
Lietta Manganelli mi invia questo accorato appello che pubblico con grande apprensione per le sorti del Centro Studi Giorgio Manganelli, depositario della memoria di uno degli autori simbolo della letteratura italiana.
Cari amici,
vorrei raccontarvi un po' il
percorso di questo anomalo Centro Studi, intitolato al più anomalo degli
scrittori italiani: Giorgio Manganelli.
Nell'anno 2010 cadeva
l’anniversario dei vent’anni dalla morte di Giorgio Manganelli, scrittore, giornalista
e quant’altro, nonché mio padre.
Ma essendo mio padre un
personaggio fuori dalle regole possiamo autonomamente decidere che Manganelli
non ha bisogno di una ricorrenza per essere s-commemorato.
Quindi abbiamo programmato e
messo in essere degli eventi, vuoi per ricordarlo, vuoi per farlo conoscere a
un pubblico più vasto. Infatti il mio sogno è sempre stato quello di
“snicchiarlo” (chissà se questa espressione gli sarebbe piaciuta), cioè di
toglierlo da quella “nicchia” in cui è stato messo sia per la sua obiettiva
difficoltà, sia per la sua indubbia “scomodità”.
A Roma, il 5 Maggio 2010,
presso la Casa delle Letterature in Piazza dell’Orologio, è stato inaugurato il Secondo Cantiere
Manganelli, che comprendeva un mostra di disegni ispirati a “Centuria”, varie
presentazioni di libri in uscita, un dibattito, e un documentario assolutamente
inedito.
A Milano, il 9 Maggio sempre
del 2010, presso l’Istituto Ciechi di Via Vivaio, è stata messa in scena,
naturalmente nel Teatro rigorosamente al buio, l’ “Intervista a Dio”, e
credetemi, un teatro “di parola” come quello di mio padre raggiunge, in un
simile ambiente, una suggestione assolutamente irripetibile.
L'11 novembre a Pavia, il
Centro Manoscritti e l'Università gli hanno dedicato una giornata di studi con
l'intervento di studiosi, appassionati e quant'altro. Il primo numero di
“Autografo” è stato dedicato agli atti di questo convegno.
Il 15 Novembre 2010 una
serata conviviale all'hotel Ala d'Oro di Lugo di Romagna, ha “festeggiato” il
compleanno del Manga.
Il 2 Dicembre 2010, a Milano, città dove
mio padre è nato e che sembra averlo dimenticato, è stata aperta una mostra
fotografica che ha ripercorso la vita di mio padre attraverso immagini
originali dell'epoca (e che ora desidererei far girare).
Altri eventi sono in fieri,
ci sto lavorando, credetemi con difficoltà difficilmente immaginabili. A molti
ho dovuto rinunciare per mancanza di fondi.
Il sito
(www.manganelli.altervista.org) è in stato messo in linea e comprende tutte le
informazioni, in tempo reale, utili e indispensabili per gli estimatori di mio
padre, che sono molto più di quelli che credevo.
Il 17 febbraio 2012 alla
Biblioteca Classense di Ravenna è stata inaugurata la mostra dei disegni per
“Centuria” di Paolo della Bella e una esposizione di tutte le prime edizioni
dei libri di mio padre e di tutti, o a quasi, il libri di mio padre tradotti in
lingua straniera.
Il 21 e 22 aprile 2012 a Roma è stato
organizzato un happening di manganelliani presso il Centro Sociale Brancaleone
dove si è potuto parlare, confrontarsi, visionare testi introvabili o
addirittura inediti, vedere filmati, che sono una vera rarità (forse nemmeno la
Rai si ricorda di averli fatti), ascoltare registrazioni e quant’altro ci fosse
venuto in mente. Evento che è stato sicuramente solo un punto di partenza per
“inventare” un modo nuovo per avvicinare i giovani e non solo alla letteratura.
Vi chiederete, allora, il
perché di questa mia lettera. Solo per informarvi di tutti questi eventi?… Purtroppo no.
Tutto questo sarà il canto
del cigno del centro studi che da tempo cerco di mettere in piedi.
Chi ha già avuto modo di
contattarmi sa bene che non mi sono mai tirata indietro, mi ha trovata sempre
disponibile a rispondere alle più svariate domande, a fare e inviare fotocopie,
copie di CD e DVD, a reperire e inviare copie di libri ormai esauriti da tempo
e quant’altro fosse utile e necessario…
Tutto questo a opera di un
Centro Studi che non è mai nato. Mi sovviene un aforisma di mio padre che forse
non ho mai capito bene come ora: “E’ incredibile il numero di cose che ha fatto
gente che non è mai nata!”. Ovviamente il Centro Studi non è mai nato, ma io
sì, e di tutto mi sono fatta carico in prima persona. E, credetemi, vorrei
continuare a farlo.
Ma… la gestione economica è
divenuta insostenibile… e la cultura, oggi come oggi non è certo sostenuta dal
pubblico, anzi… come mi disse una volta mio padre, tra il serio e il faceto:
“Vuoi fare cultura?… bene, fai pure, ma ricordati che sarai punita”.
Bene, la mia punizione
sarebbe abbandonare questa mia creatura, lasciar perdere, smettere di studiare
le carte di mio padre, di cercare, negli archivi più disparati, cenni del suo
passaggio. Smettere di dare tutto il sostegno possibile, e anche quello
impossibile, a giovani che su mio padre volessero laurearsi, e sono molti di
più di quanti si creda, o solamente avere notizie, parlarne, confrontarsi…
Smettere di cercare nelle varie emeroteche, redazioni di giornali e quant’altro
per reperire articoli e scritti, a volte fondamentali, di mio padre, che
altrimenti cadrebbero nell’oblio. Smettere di cercare, acquistare e sbobinare
cassette (che credetemi, hanno un prezzo proibitivo) della Rai che contengono
interventi di mio padre, interventi di cui non esistono dattiloscritti. Molti
degli ultimi libri pubblicati di mio padre sono nati così. Tutte cose che hanno
un costo, che comportano, oltre al tempo e alla passione, (e… il tempo si trova
e la passione non manca), anche delle spese vive: posta, viaggi, telefono, e
altro che non sto a elencarvi, che io, da sola, non sono in grado più di
sostenere.
Non cerco donazioni, né
grandi cifre, lungi da me l’idea, come qualcuno ha insinuato, che io voglia
speculare sul nome di mio padre, ma solo che gli amici, gli estimatori di mio
padre, secondo le loro possibilità, partecipino a questo lavoro, che, ne sono
convinta, sarà poi una ricchezza, culturale e di vita, per tutti.
So perfettamente che la
maggior parte di voi è formata da giovani e da studenti, ma il mare è fatto di
piccole gocce. Se chi vuole, senza nessun impegno né obbligo, partecipasse,
secondo le sue possibilità, forse potremmo, tutti insieme, far sì che questo
sogno non restasse un sogno, ma diventasse una realtà, potremmo fare in modo
che questo visionario autore, di cui molti di noi sentono la mancanza,
rimanesse vivo e vitale. Sapeste quante
volte, di fronte ad accadimenti attuali, mi sono chiesta: “Chissà cosa avrebbe
detto”, per poi scoprire che, magari trenta anni prima, lui “l’aveva già
detto”.
Quindi, per concludere,
quello che chiedo è che gli amici, secondo le loro possibilità, partecipino,
anche economicamente, alla nascita di questo Centro Studi che sarà poi a
disposizione di tutti.
Rimane inteso che sarà tutto
documentato e che i soci “benemeriti” di ora godranno poi di facilitazioni e
benefici.
Se tutto questo vi piace e vi
interessa, se pensate che ne valga la pena e che sia un peccato che il lavoro
svolto finora vada perso, fatevi sentire e ripartiremo.
A presto, spero. Lietta
Manganelli.
349 7789466
Se tutto quello che vi ho
raccontato vi ha convinto, se volete che tutto questo lavoro non vada perso,
potete intervenire di persona e impegnarvi a trovare altri sostenitori.
In che modo si può
intervenire?
Con una donazione e
conseguente iscrizione alla costituenda associazione (che verrà ufficializzata
al più presto).
La quota per l'iscrizione
minima è di 50 euro (30 per gli studenti, che, come è noto sono sempre ricchi
di entusiasmo ma poveri di pecunia).
La quota può essere versata
su una Poste Pay attivata a questo scopo. Tutto verrà registrato e l'iscritto
riceverà un tesserino attestante l' iscrizione.
Poste Pay
4023 6006 4164 1685
intestato a Manganelli Amelia
Antonia.
Onde evitare le lunghe file
alle poste è possibile ricaricare la Poste Pay anche presso i tabaccai. In
questo caso è necessario il mio codice fiscale:
MNGMNT47E60I153T
Eccovi anche i dati bancari
utili allo stesso scopo
Cassa di risparmio di Firenze
Filiale di Navacchio (Pisa)
IBAN IT77 Z061 6070 9510 0000
0004 248
BIC CRFIIT3F
Intestato a Manganelli Amelia
Antonia
Penso che un piccolo
sacrificio per il grande Manga sia possibile e doveroso.
In questi anni mi sono sempre
fatta carico io di tutto ma ora non mi è più possibile.
Grazie e a presto
Manganelli Amelia Antonia
detta Lietta
Possiamo farcela, se siamo
abbastanza folli da crederci. Lo siamo? Io credo di sì.
venerdì 14 febbraio 2014
L'editore digitale e la legatoria
Ricerche incessanti di punti di equilibrio fondamentali sono protagoniste anche e soprattutto nel confronto tra libro di carta e libro digitale. Ed è proprio un piccolo e vivace editore digitale che trova questo punto di definitiva e affascinante sintesi, quel Punto Omega delilliano che si pone al servizio di un lettore borgesiano che conosce i corridoi infiniti della biblioteca universale. Errant Editions infatti inizia una collaborazione con la Legatoria Montanari di Bologna che diventa così artefice della pubblicazione di alcuni testi dell'editore già apparsi in ebook.
È deciso. Errant Editions proporrà microscopiche tirature cartacee di alcuni ebook . Ma che tipo di tirature? Pezzi unici,speciali, in edizione limitata, numerati e/o autografati realizzati da Legatoria Montanari. Dove e come fare per averli e vederli? Solo un po'di tempo e pazienza. Noi miriamo a un lettore ibrido, che legge in digitale ma anche su carta e che saprà amare e desiderare i pezzi unici che proporremo.
Cosa c’entra quindi una legatoria con un editore digitale? Molto. Noi crediamo a un lettore ibrido, che legge su carta e su vari supporti digitali, che apprezza la rapidità del digitale ma non per questo non desidera circondarsi di libri, nuovi, antichi, usati e a volte UNICI. E saranno proprio esemplari unici in edizione limitata (in alcuni casi limitatiSSima) che verranno proposti, e conterranno alcuni dei nostri testi, dai racconti brevi, alle ricette, alle poesie ad altro. Manufatti unici, speciali, che vi racconteremo qui, sul sito, sui social network e anche in due ( e forse più ) iniziative speciali sul territorio che avverranno nei prossimi mesi.
Come i grandi editori alla Scheiwiller, quindi, alla ricerca di quel lettore totale che farebbe senz'altro la felicità di Borges, in un percorso editoriale e letterario di finissima qualità.
giovedì 13 febbraio 2014
Lamento di Giustiniani (Errant Editions). Gli Inaspettati 2014
Errant Editions inaugura il nuovo anno della collana Inaspettati, la collana digitale che valorizza il racconto singolo e/o la breve raccolta di racconti, che apre lo spazio digitale a questa forma di narrazione e che è una delle collane di successo di questo editore. Una collana con la copertina uguale per ogni racconto, a sottolineare l'unitarietà e l'unicità di questa creazione editoriale. E lo fa pubblicando il mio Lamento di Giustiniani: pianure barbariche, schiavitù di sangue, mura bizantine (Bisanzio, la desiderata e affascinante mela rossa dei cronachisti ottomani) che crollano seppellendo il corpo dell'ultimo basileus Costantino XI.
Lascio la parola all'editore:
Lascio la parola all'editore:
Pozzanghere di acqua raccolta da un cielo di piombo circondano il nulla di una pianura di morte che è stata secondo Erodoto la fucina degli uomini.
Nastri di torba, soffice come la vagina nutrice di una schiava strappata ai maschi vigorosi che per lei hanno versato sangue e sperma, segnano confini senza nome di regni arsi dal tumulto del ferro e di città stuprate dalla forza di eserciti senza nome.
Lacci rivestiti dal cuoio rapinato da mandrie scorticate a forza segnano la pelle del collo e dei polsi.”
Iniziamo, il nostro anno, o forse è già accaduto, proseguiamo, con i nostri ebook, i progetti, le storie. Fin dall’inizio abbiamo ribadito la nostra convinzione che gli ebook possano essere un ottimo modo per riscoprire e valorizzare il racconto breve, la short story. Restiamo convinti di questo e anche convinti che fra i nostri “Inaspettati” ci siano racconti supendi. E non solo in questa collana, che vedete con grafica rinnovata da Alberto Malossi. Per noi il racconto breve, o testi di dimensioni comunque inusuali sono una priorità. Ci piace essere veicolo. Di spazio, di visibilità,
Il primo Inaspettato 2014 è di Angelo Ricci. Brevissimo, una lettura splendida, senza tregua, senza pausa. Una narrazione che si fa tessitura strana, straniante, imprevedibile dalla prima all’ultima parola. Un racconto-atipico, nel perfetto stile di Angelo Ricci.
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giovedì 6 febbraio 2014
Intervista ad Antonio Moresco
Antonio Moresco non ha bisogno di presentazioni. E' autore di testi fondamentali come Gli esordi, Canti del caos, Gli incendiati, Il combattimento, Lettere a nessuno, La lucina, Fiaba d'amore. Gli ho posto alcune domande alle quali ha risposto con gentilissima disponibilità.
La sua creazione letteraria
attraversa paesaggi, profili urbani, strade, fondali inquieti e inquietanti.
Che rapporto esiste tra questi scenari, che definirei quasi come
necessari al divenire delle sue parole, e la sua anima di scrittore?
Tranne “La lucina” e “La
buca”, che sono ambientate nel mondo cosiddetto “naturale” (come se il resto
non lo fosse!), tutti gli altri miei libri si svolgono in ambiente
metropolitano. E’ il mondo che conosco meglio e nel quale vivo, nel quale
cammino fantasticando i miei libri o non pensando a niente. La grande città fa
sentire maggiormente a solitudine della vita e la dolorosa vicinanza a noi
stessi, ci accomuna in questa solitudine ai miliardi di esseri della nostra
specie che vivono nelle metropoli e megalopoli del mondo in questa epoca
oscura, finale o iniziale. Non si sa
mai bene cosa viene prima, se l’ambiente nel quale viviamo o noi stessi, se la
nostra anima o il mondo, ma probabilmente, a questo livello, non c’è un prima o
un dopo, posso concentrarmi e coincidere a tal punto con me stesso da sentire
il mondo premere contro le mie pareti, che a loro volta forzano e spostano la
pressione concentrata del mondo.
La sua è una struttura
narrativa che percorre il passato, il presente, il futuro accostandosi a temi
che trascendono la stessa narrazione, trasfigurandosi in manifestazioni che
perforano e mutano la stessa forma classica del romanzo, avvicinandosi a realtà
sanguinose, virtuali, carnali. È come se la parola scritta si trasformasse in
strumento per la cognizione, attraverso la sua ostensione, anche e soprattutto
di ciò che sembra andare oltre ad essa: la rete, il web, l’underground di certe
visioni pop, di certe universalità di infinita crudeltà. La parola scritta è
ancora lo strumento primario per la comprensione della complessità dei tempi?
Non lo so se, in generale, è
ancora lo strumento primario. Per me lo è. La parola scritta è in fondo la meno
controllata, in questa epoca, proprio perché si crede che non conti niente
rispetto ad altri linguaggi, perché si crede che basti il suo accumulo
orizzontale per operare la cancellazione. Per me invece la libertà verticale e
la complessità che può passare al suo interno è ancora superiore a ogni altra
forma di linguaggio, puramente visivo o di altro tipo. Ciò che passa -o meglio
che può in alcuni rari casi passare- attraverso la parola scritta è a mio
parere più diretto, più potente, più libero, più verticale, più strutturato,
più avventuroso, più ardimentoso, più indomabile, più inaspettato... La parola scritta,
così elementare e così plastica, così inerme e così irriducibile, è una cruna
attraverso cui può passare qualcosa d’altro, che può portare anche noi da
un’altra parte, così altra che magari non riusciamo neanche a immaginare.
Credo che chi scrive e chi
legge sia, anche a livello inconscio, all’eterna ricerca di quel romanzo, forse
impossibile, che possa comprendere il tutto, che possa essere quasi definito il
romanzo universo. Leggendola negli anni mi sono convinto che la sua opera
persegua proprio questo fine, un fine affascinante, quasi misterico nella
descrizione dell’umana tragicità. Pensa che questo romanzo universo possa
essere il fine ultimo della volontà che l’umanità ha di raccontare e di
raccontarsi?
Non lo so. In genere non sai
bene quello che stai facendo, mentre lo fai. Tanto più se stai camminando lungo
strade poco battute. So solo che, con l’uscita de “Gli increati” sono a un giro
di boa del mio lavoro di scrittore e della mia vita, che in quel libro tutto
quello che ho fatto finora compie un salto di piani e di dimensione, che verrà
a mancare il terreno di conoscenza cui siamo abituati e che ci ha portati in un
vicolo cieco.
La sua opera è quasi una
mappa che definisce la misura del rapporto tra l’essenza disperata della
singolarità e il manifestarsi quasi minaccioso della collettività, spesso in
eterna opposizione, in perpetua lotta tra loro. Qual è la sua posizione su
questa mappa?
Io mi sono spesso sentito
come un marziano rispetto agli altri, nella mia vita, fin da quando ero un bambino,
e anche dopo, sempre. Mi è molto difficile, mi è sempre più difficile vivere in
un mondo di merda simile, dove ogni cosa non è quello che sembra e che dice di
essere, dove ogni cosa ti delude, dove l’unica forza di gravità è verso il
basso, mai verso l’alto.
Il suo personale momento
della scrittura, della creazione letteraria, in quale rapporto è con l’insieme
di ciò che ha già scritto e pubblicato?
E’ tutto legato, il magnete è
unico.
Qual è la sua modalità di
scrittura? Scrive al pc, a mano?
Ho scritto quasi tutto a
mano, sempre. Più del novanta per cento di quello che ho scritto ha una sua
prima stesura manoscritta. Scrivo al pc solo cose brevi o che devo fare in
fretta, risparmiandomi la fatica e la pena di decifrare poi la mia minuscola e
incomprensibile calligrafia.
Quali sono, se ci sono, gli
autori, le opere, che l’hanno in qualche modo influenzata? Che cosa legge
Antonio Moresco?
Sono tanti i libri che ho
amato da quando, a trent’anni, ho cominciato veramente a leggere come si
dovrebbe leggere sempre: con le spalle al muro. L’Omero dell’”Iliade”, gli
storici antichi, Dante, Cervantes, Shakespeare, Murasaki, e poi i grandi
romanzieri moderni, Melville, Dostoevskij, Tolstoj, Kafka… Ma sono anche
assetato di autobiografie ed epistolari, di pittori, poeti, pellerossa,
avventurieri, scienziati, puttane. Ho appena finito, ad esempio, di leggere
l’autobiografia di Tyson (“True”), molto disarmata e sincera, che ci fa capire
in che razza di cloaca di mondo ci troviamo a vivere.
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